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Chernobyl ed il disastro nucleare.

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view post Posted on 4/1/2021, 16:36
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Chernobyl ed il disastro nucleare.

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Stato Ucraina
Distretto Ivankiv
Data di istituzione 1193
Coordinate 51°23′23″N 30°05′59″ECoordinate: 51°23′23″N 30°05′59″E (Mappa)
Altitudine 180 m s.l.m.
Superficie 250 km²
Abitanti 1 054[1] (2019)
Densità 4,22 ab./km²
Lingue ucraino
Cod. postale 07270
Prefisso +380-4593
Fuso orario UTC+2
Codice KOATUU 3222010500
Targa AI

Negli anni abbiamo toccato parecchie volte l'argomento del disastro accaduto a
Chernobyl .
Abbiamo parlato dell' Esplorazione del Radar abbandonato di Chernobyl, della Visita alla famigerata sala di controllo , passando per La città fantasma di Pripyat fino ad arrivare alla più recente Serie tv, o al film CHERNOBYL DIARIES-LA MUTAZIONE

Ma mi sono resa conto di NON aver mai dedicato un articolo approfondito al disastro accaduto a Chernobyl, quindi mi sembra quanto meno giusto crearlo adesso che l'argomento è più che mai tornato in "voga" purtroppo...

CREDITS: Google, wikipedia.it

Černobyl' (in russo: Чернобыль , AFI: [tɕɪrˈnobɨlʲ]) o Čornobyl' (in ucraino: Чорнобиль , IPA: tɕorˈnobɨlʲ), nella traslitterazione anglosassone Chernobyl e in italiano anche Cernobil , è una città dell'Ucraina settentrionale, situata circa 130 km a nord di Kiev.

Il nome della città è legato soprattutto al grave incidente nucleare del 1986. Esso ha avuto un enorme impatto geografico e storico, benché la nota centrale nucleare non si trovi qui, ma nei pressi della città di Pryp"jat', totalmente evacuata dopo l'esplosione.

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La centrale nucleare

La città di Černobyl', nonostante si trovi a solo 15 km dalla centrale, è stata relativamente poco colpita dagli effetti delle radiazioni, che si sono diffusi velocemente verso nord, in Bielorussia (Voblasc' di Homiel'), mentre a sud gli effetti sono stati relativamente marginali.
Sebbene il livello di radioattività sia ancora altissimo, esso risulta sceso a valori tra 100 e 1.000 volte inferiori ai dati registrati inizialmente.
Nella città vivono ancora operai impiegati per il risanamento della centrale e alcuni civili.
Si stima siano intorno a 500, dall'età media piuttosto avanzata e in zone specifiche.
L'accesso alle aree di rischio è interdetto .

Etimologia

Il nome della città deriva da una combinazione tra čornyj (чoрний, "nero") e byllja (билля, "steli d'erba" o "gambi") quindi il suo significato letterale sarebbe "stelo d'erba nero".
La ragione di questo nome non è ben nota ed esistono varie ipotesi, una delle quali rinvia alla pianta arbustiva Artemisia vulgaris e alla parola che in lingua ucraina la indica.

Storia
Disastro nucleare


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Ingresso alla "zona di alienazione"

Il nome di Černobyl' divenne famoso in tutto il mondo dopo il 26 aprile del 1986 quando il reattore dell'unità 4 della centrale elettronucleare esplose, in seguito a gravi errori del personale, nello specifico del Caposala Anatolij Djatlov che manteneva le procedure al di sotto dei limiti consentiti per i test e ignorava gli allarmi che segnalavano la mancanza d'acqua nel reattore.

A questo si sommarono gli errori di progettazione compiuti molti anni prima nella costruzione del reattore, creato con materiale leggero per mancanza di fondi.

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Mappa del territorio di Černobyl'

La notte del 26 aprile 1986, durante l'esecuzione di un test nella locale centrale elettronucleare nel corso di una simulazione di guasto al sistema di raffreddamento, le barre di uranio del nocciolo del reattore nucleare si surriscaldarono fino alla fusione del nocciolo del reattore nº 4, con due conseguenti esplosioni non nucleari, ma con effetto in termini di contaminazione ambientale 200 volte superiore a quello di Hiroshima e Nagasak , che fecero scoperchiare la copertura e disperdere nell'atmosfera grandi quantità di vapore contenente particelle radioattive.

All'inizio fu detto alla popolazione che nessuno era in pericolo e fu comunicato al governo che la radioattività era bassa, ma alcuni abitanti intimiditi da alcune voci scapparono, mentre altri non credevano che si trattasse di una catastrofe.

Dodici ore dopo l'accaduto, a causa del vento le radiazioni arrivarono nei pressi di una centrale nucleare in Svezia.
Il governo svedese chiese spiegazioni alle autorità sovietiche.
Per effetto di questa richiesta 36 ore dopo l'incidente fu quindi dichiarato lo stato d'emergenza.
Arrivarono mille pullman per prelevare 350 mila persone dalla città e dintorni.
Fu detto agli abitanti che sarebbe stato solo un allontanamento temporaneo di tre giorni, ma la popolazione non fece più ritorno.

Furono necessari 15 giorni per spegnere parte dell'incendio e avviare la costruzione di una struttura di contenimento, chiamata sarcofago e costata circa un miliardo di dollari, per ricoprire poi il reattore distrutto. Intervennero 600.000 tra vigili del fuoco, medici e militari, detti i "liquidatori".

Le conseguenze sulla popolazione locale furono molto forti nelle prime fasi dell'incidente e durano ancora malgrado i decenni trascorsi.

Nei successivi 14 giorni la nube radioattiva trasportata dal vento arrivò in tutta Europa e raggiunse il Mediterraneo.
La pioggia contribuì poi a riportare a terra le particelle radioattive che possono essere rilevate con un contatore Geiger a circa 10 centimetri sotto la superficie .
Per due settimane operai ed elicotteristi dell'aviazione russa ricoprirono il nocciolo fuso dall'alto con sabbia a base di boro, silicati, dolomia e piombo, finché l'emissione di vapore radioattivo cessò sabato 10 maggio 1986. Nonostante le radiazioni emesse durante quella catastrofe, la città, con 800 anni di vita, riuscì a sopravvivere, anche se mutilata.

Vi risiedono ancora operai governativi impegnati nella rimozione delle scorie nucleari.
Circa 700 persone, per lo più anziani, hanno scelto di tornare alle loro case, incuranti del pericolo.

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Il memoriale dei centri abitati evacuati dal disastro nucleare

Nell'ottobre del 1988 si parlò di radere al suolo una parte della città a causa del forte inquinamento radioattivo, soluzione in seguito abbandonata per l'enorme quantitativo di particelle radioattive che si sarebbero sollevate assieme alle macerie degli edifici demoliti.

La centrale di Černobyl' è stata mantenuta in funzione a regime parziale, continuando a fornire energia elettrica alla città di Kiev fino all'anno 2000, quando l'ultimo reattore in esercizio è stato spento.

Nel 1986 a Černobyl' vi erano circa 13 mila abitanti, nel 2019 sono circa 1054 persone a risiedere nella cittadina.

Disastro di Černobyl' (Approfondimento)

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Sarcofago del reattore n° 4 della centrale nucleare di Černobyl' nell'agosto 2013

Il disastro di Černobyl' è un incidente nucleare avvenuto in Unione Sovietica la notte del 26 aprile 1986 alle ore 1:23:45 UTC+4 presso la centrale nucleare Lenin, nell'allora Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.

Al 2021 è il più grave incidente della storia del nucleare civile e l'unico, insieme a quello di Fukushima del 2011, a essere classificato con il settimo livello, il massimo, della scala di catastroficità INES.

Nonostante il nome del luogo con cui il disastro passò alla storia, una località a circa 100 km a nord di Kiev e poco distante dal confine con la Bielorussia, l'impianto nucleare faceva capo alla municipalità di Pryp"jat' (nota oggi in ucraino come Pryp"jat'), da cui dista circa 3 km, laddove Černobyl' ne dista altresì circa 18.
Dal 1986 Pryp"jat' è una città fantasma e a Černobyl' vivono poco più di 1000 persone.

Alla base del disastro parrebbero esservi errori di procedura nel corso di un test di sicurezza sul reattore nucleare RBMK numero 4 della centrale, condotto allo scopo di simulare un black out elettrico al fine di elaborare una soluzione per mantenere freddo tale reattore per il tempo necessario a ristabilire l'alimentazione d'emergenza alle pompe d'acqua.
Non era la prima volta che tale test veniva effettuato: infatti, dal 1982 se ne erano tenuti altri tre.
Durante il test che provocò l'incidente, posticipato di 10 ore rispetto alla pianificazione iniziale, il reattore lavorò in condizioni instabili; durante questo lasso di tempo, la potenza del reattore venne progressivamente abbassata.
Nessuno si accorse di tale instabilità e, quando in piena notte l'allarme rese necessario l'immediato spegnimento del reattore, si innescò una reazione a catena che ne provocò l'esplosione.

Una nuvola di materiale radioattivo fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale, contaminandole pesantemente.
Nonostante il rapido intervento dei vigili del fuoco delle vicine stazioni di Pripjat' e Černobyl', per molti giorni fu impossibile bloccare l'emissione radioattiva.
I dirigenti sovietici inviati sul posto cercarono di sigillare il reattore esploso con misure d'emergenza improvvisate ma, di fronte alle dimensioni del disastro, furono costretti a organizzare l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336 000 persone.

Non fu neppure possibile evitare la divulgazione della notizia nel mondo e le pesanti conseguenze per la credibilità e il prestigio tecnico-scientifico dell'Unione Sovietica: le nubi radioattive raggiunsero in pochi giorni anche l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia, toccando, con livelli di radioattività inferiori, anche l'Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America, provocando un allarme generale e grandi polemiche contro i dirigenti sovietici .

Un rapporto del Chernobyl Forum redatto da agenzie dell'ONU (OMS, UNSCEAR, IAEA e altre) conta 65 morti accertati e più di 4 000 casi di tumore della tiroide fra quelli che avevano fra 0 e 18 anni al tempo del disastro, larga parte dei quali attribuibili alle radiazioni.
La maggior parte dei casi è stata trattata con prognosi favorevoli.
Al 2002 si calcolavano 15 morti .

I dati ufficiali sono contestati da associazioni internazionali, fra le quali Greenpeace, che presenta una stima fino a 6000000 di decessi su scala mondiale nel corso di 70 anni, contando i tipi di tumori riconducibili al disastro secondo il modello specifico adottato nell'analisi.

Il gruppo dei Verdi del parlamento europeo, pur concordando con il rapporto ufficiale ONU sul numero dei morti accertati, lo contesta sulle morti presunte, che stima in 30 000-60 000.

La natura dell'incidente

Alle ore 1:23:45 (ora locale) del 26 aprile 1986, il reattore nº 4 esplose.
Si verificarono due esplosioni a distanza di pochi secondi l'una dall'altra.
La prima fu una liberazione di vapore surriscaldato ad altissima pressione che sparò in aria il pesante disco di copertura – detto 'Elena', pesante oltre 1 000 tonnellate – che chiudeva il cilindro ermetico contenente il nocciolo del reattore.
Il disco ricadde verticalmente sull'apertura, lasciando il reattore scoperto. Pochi secondi dopo il grande volume di idrogeno e polvere di grafite ad altissima temperatura liberati dal nocciolo, a contatto con l'aria produssero una seconda esplosione, più potente, che distrusse la copertura dell'edificio del reattore.
Seguì un violento incendio della grafite contenuta nel nocciolo.
L'incendio per alcune ore disperse nell'atmosfera un'enorme quantità di isotopi radioattivi, i prodotti di reazione fissili contenuti all'interno.
Fu il primo incidente nucleare classificato come livello 7, il massimo livello della scala INES degli incidenti nucleari.

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Centrale nucleare di Černobyl' dopo l'esplosione del reattore 4 nel 1986

Le esplosioni non furono di tipo nucleare – non si trattò di una reazione a catena incontrollata di fissione nucleare come nelle bombe atomiche – ma furono termochimiche: il surriscaldamento del nocciolo, dovuto all'improvvisa perdita di controllo sulla reazione nucleare, portò al raggiungimento di una temperatura elevatissima che fece arrivare la pressione del vapore dell'impianto di raffreddamento a un livello esplosivo. Si erano innescate, inoltre, reazioni fra le sostanze chimiche contenute (acqua e metalli), inclusa la scissione dell'acqua in ossigeno e idrogeno per effetto delle temperature raggiunte, che contribuirono a sviluppare grandi volumi di gas.

L'istituzione delle Nazioni Unite chiamata UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation, Comitato scientifico delle Nazioni Unite per lo studio degli effetti delle radiazioni ionizzanti) ha condotto per 20 anni una dettagliata ricerca scientifica ed epidemiologica sugli effetti del disastro.
A parte i 57 decessi diretti, l'UNSCEAR ha predetto fino a 4 000 casi di tumori da attribuire all'incidente.

L'UNSCEAR ha affermato:

«Fino all'anno 2005, tra i residenti della Bielorussia, la Federazione Russa e l'Ucraina, ci sono stati più di 6 000 casi di tumore alla tiroide in bambini e adolescenti che sono stati esposti al momento dell'incidente, e più casi sono da aspettarsi nei prossimi decenni. Indipendentemente dall'incremento delle misure di prevenzione e screening, molti di questi casi di tumore sono molto probabilmente da attribuirsi all'esposizione alle radiazioni. Escludendo questo incremento, non vi è evidenza di ulteriore impatto per la salute pubblica attribuibile all'esposizione di radiazioni due decenni dopo l'incidente. Non vi è evidenza scientifica di un incremento di incidenza di tumori né del tasso di mortalità né nell'insorgenza di patologie che potrebbero essere collegate all'esposizione alle radiazioni. L'incidenza di leucemia nella popolazione non sembra elevata. Tuttavia, coloro che furono esposti maggiormente alle radiazioni hanno un rischio più alto di effetti sulla loro salute associati alle radiazioni. La maggioranza della popolazione non dovrebbe comunque soffrire serie conseguenze sulla propria salute in conseguenza delle radiazioni. Molti altri problemi alla salute non direttamente collegabili con l'esposizione alle radiazioni sono stati riscontrati nella popolazione. »

Tuttavia, il tumore della tiroide è generalmente trattabile.
Con un trattamento appropriato, il tasso di sopravvivenza per tumori della tiroide è del 96% nei primi cinque anni, e del 92% dopo 30 anni.
Tali valori suggeriscono fino a circa altri 500 decessi annui per questa patologia.

La centrale


La centrale di Černobyl' situata vicino all'insediamento di Pryp"jat', in Ucraina, 18 km a nord-ovest della città di Černobyl' e 130 km a nord della capitale, Kiev, dista 16 km dal confine con la Bielorussia. L'impianto era composto da quattro reattori, ognuno in grado di produrre 1 gigawatt di potenza elettrica (3,2 gigawatt di potenza termica); i quattro reattori producevano circa il 10% dell'elettricità ucraina.
La costruzione dell'impianto ebbe inizio negli anni settanta: il reattore nº 1 fu consegnato nel 1977, seguito dai reattori 2 (1978), 3 (1981) e 4 (1983). Altri due reattori (i 5 e 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.

I reattori erano di tipo RBMK-1000, un reattore a canali, moderato a grafite e refrigerato ad acqua.
Una caratteristica di questi reattori è quella di avere, in particolare alle basse potenze, un coefficiente di vuoto positivo: con l'aumentare della temperatura del refrigerante, in esso si formano sacche di vapore (i "vuoti") che causano l'aumento, anziché la diminuzione, della reazione a catena. Questa caratteristica è comune anche con alcuni reattori CANDU.
Alle basse potenze, inoltre, il reattore diviene instabile anche a causa dell'avvelenamento da xeno (gas rilasciato come sottoprodotto della fissione nucleare, e che, durante il funzionamento normale del reattore, è "bruciato" senza possibilità di accumularsi); l'accumulazione di xeno costituisce un problema poiché è un assorbitore di neutroni, e può quindi mascherare la reale attività del reattore.

In un ipotetico reattore "intrinsecamente sicuro", se il liquido refrigerante mancasse, il reattore dovrebbe essere in grado di spegnersi autonomamente senza interventi umani o meccanici.
Nei reattori con uno standard di sicurezza accettabile devono essere comunque evitate caratteristiche costruttive che implichino un aumento della reazione in caso di malfunzionamento.
Il reattore RBMK ha anche un coefficiente di potenza (la risultante fra il coefficiente di vuoto e il coefficiente di carburante) positivo: cioè, al crescere della potenza termica erogata, aumenta la reazione nucleare nel nocciolo.
Infatti all'aumentare della temperatura aumenta il coefficiente di carburante che riguarda la sezione d'urto per la cattura di uranio e plutonio; se scende sotto la soglia di 700 MW il sistema diventa instabile.

Lo scopo del reattore era la produzione di elettricità per uso civile e di plutonio per uso militare.

Per aumentare l'efficienza del sistema erano state adottate soluzioni tecniche che di fatto ne diminuivano la sicurezza, ad esempio la scelta della grafite come moderatore accoppiata all'uso dell'acqua leggera come refrigerante, soprattutto per migliorare l'economia neutronica e facilitare quindi la produzione di plutonio-239; era noto ai progettisti che i coefficienti di vuoto e potenza positivi, in aggiunta a un refrigerante che assorbe i neutroni, come l'acqua, unito a un moderatore solido (grafite), erano caratteristiche che in determinate condizioni avrebbero potuto rendere instabile il reattore.
Poco dopo il suo completamento, fu aperta un'indagine a cura del KGB per verificare carenze strutturali e l'eventuale povertà di materiali usati. Lo stesso presidente di allora del KGB, Viktor Michajlovič Čebrikov, si assunse la responsabilità di verificare di persona la correzione degli errori strutturali.

L'incidente

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Il 26 aprile 1986 alle ore 01:23:45 locali la centrale stava effettuando un esperimento definito come test di sicurezza: si voleva verificare se, in assenza di alimentazione esterna, la turbina accoppiata all'alternatore potesse continuare a produrre energia elettrica sfruttando l'inerzia del gruppo turbo-alternatore anche quando il circuito di raffreddamento non producesse più vapore, per alimentare le pompe di circolazione .

Per consentire l'esperimento furono disabilitati alcuni circuiti di emergenza. Il test mirava a colmare il lasso di tempo di 60 secondi che intercorreva tra l'interruzione di produzione di energia elettrica del reattore e l'intervento del gruppo diesel di emergenza.
Questo avrebbe aumentato la sicurezza dell'impianto, che avrebbe provveduto da solo a far girare l'acqua nel circuito di raffreddamento fino ad avvenuto avvio dei diesel.

Le cause

Riguardo alle cause dell'incidente esistono due tesi: la prima, nel rapporto pubblicato dalle autorità nell'agosto 1986, attribuiva la responsabilità interamente agli operatori dell'impianto; la seconda, pubblicata nel 1991, evidenziava anche le gravi debolezze intrinseche di progettazione del reattore nucleare RBMK; un elemento importante, tra gli altri, risultò essere un errore nella progettazione delle barre di controllo.

Le conclusioni delle inchieste appaiono contrastanti ma, a prescindere dalle valutazioni di responsabilità riguardo singole persone o azioni umane, i dati accertati sono che, nel suo complesso, l'evento fu il risultato di un'impressionante somma di fattori di rischio, una catena di errori e mancanze, riguardanti sia le caratteristiche intrinseche fondamentali del tipo di macchina, sia errori di progetto in alcuni particolari meccanici, sia il sistema di gestione economico e amministrativo (la centrale elettrica era priva di personale qualificato e aggiornato sulle caratteristiche dell'impianto), infine per la scelta del personale direttivo di effettuare un rischioso "esperimento" che, essenzialmente, portò all'incidente, poiché effettuato con errori di coordinamento e manovre particolarmente incaute e sfortunate.

Un dato importante è che gli operatori della centrale ignoravano i problemi tecnici del reattore.
Secondo uno di loro, Anatolij Djatlov, i progettisti sapevano che il reattore in certe condizioni era pericoloso ma lo avevano nascosto intenzionalmente ai tecnici.
Le caratteristiche del reattore RBMK non dovevano essere rese note al pubblico o a operatori civili, essendo trattate dalle autorità come questioni militari. Per giunta, il personale dell'impianto era composto per la maggior parte da operatori non qualificati per il reattore RBMK: il direttore, V. P. Brjuchanov, aveva esperienza di impianti a carbone; anche il capo ingegnere, Nikolaj Fomin, proveniva da impianti convenzionali, e Anatolij Djatlov, capo ingegnere dei reattori 3 e 4, aveva solo una limitata esperienza con reattori nucleari (per lo più su piccoli esemplari di reattori VVER progettati per i sottomarini nucleari sovietici).

I principali fattori determinanti furono:

Il reattore RBMK ha un coefficiente di vuoto positivo: questo significa che le bolle di vapore, che si formano nell'acqua usata come refrigerante, incrementano la reazione nucleare. Ancora peggio, alle basse potenze, il coefficiente positivo di vuoto non è compensato da altri fattori, rendendo il reattore instabile e pericoloso in tali condizioni.
Il reattore RBMK presentava un difetto nelle barre di controllo (oggi corretto). Normalmente inserendo le barre di controllo in un reattore nucleare si riduce la reazione. Nel reattore RBMK le barre di controllo terminano con gli "estensori" (la parte finale lunga circa 1 metro) in grafite, mentre la parte funzionale, che riduce la reazione assorbendo neutroni, è in carbonato di boro. Questo significa che quando si inseriscono le barre, gli estensori rimpiazzano l'acqua refrigerante (che assorbe neutroni) con la grafite (che fa da moderatore di neutroni) e quindi inizialmente, per pochi secondi, si ottiene un significativo incremento della reazione, comportamento contro-intuitivo ignoto agli operatori della centrale. Tale anomalia aveva già creato un problema nel 1983 nella centrale nucleare di Ignalina, in Lituania, con un reattore dello stesso tipo.
Le condotte dell'acqua nel nocciolo scorrono in direzione verticale (come peraltro in moltissimi tipi di reattori). Questo crea un gradiente di temperatura (la temperatura dell'acqua aumenta salendo) nei tubi; inoltre il sistema diviene sempre meno efficiente all'aumentare della temperatura (il "tappo" di acqua più calda nella cima delle tubazioni riduce l'efficacia del refrigerante).
Inoltre il direttore dell'esperimento, Anatolij Djatlov, commise gravissime violazioni delle procedure e questo, insieme alla scarsa comunicazione tra gli addetti alla sicurezza e gli operatori che dovevano condurre l'esperimento, contribuì all'incidente. L'operatore Aleksandr Akimov contestò a Djatlov di voler disinserire tutti i sistemi automatici di sicurezza, ma fu minacciato di licenziamento.
Dunque, gli operatori Aleksandr Akimov e Leonid Toptunov:

Disattivarono i sistemi di sicurezza del reattore, proibito dai manuali operativi dell'impianto.
Secondo il rapporto dell'agosto 1986 della commissione governativa, controllato il registro, gli operatori estrassero completamente dal nocciolo 205 delle 211 barre di controllo presenti, lasciando inserite solo 6 barre. Anche questa condizione era vietata dai manuali operativi che ponevano assolutamente a 15 il minimo di barre per la sicurezza del reattore RBMK-1000.
Quattro anni prima, nel 1982, il reattore nº 1 dello stesso impianto, sempre a causa di manovre errate effettuate dai tecnici, aveva subìto la distruzione dell'elemento centrale del reattore.
L'esplosione, più piccola di quella del 26 aprile 1986, aveva rilasciato radioattività nell'atmosfera ma il fatto non era stato reso pubblico prima dell'incidente del 1986.
All'epoca perciò non erano state adottate misure di sicurezza nemmeno sulla scorta del precedente e l'impianto non era stato assolutamente migliorato per far fronte a eventuali successivi problemi.

Gli eventi

L'inizio del test

Il 25 aprile 1986 era programmato lo spegnimento del reattore nº 4 per normali operazioni di manutenzione.
In occasione di questa prevista fermata si decise di eseguire un test per valutare la capacità del gruppo turbine/alternatore di generare, attraverso l'energia cinetica della rotazione per inerzia delle turbine, elettricità sufficiente per alimentare i sistemi di sicurezza e di raffreddamento anche in assenza di produzione di vapore dal reattore nella primissima fase di transizione in attesa dell'attivazione dei generatori di emergenza, simulando uno scenario di improvvisa mancanza dell'alimentazione elettrica esterna.

I reattori come quello di Černobyl' (ma normalmente anche altri tipi di impianto) hanno generatori diesel di emergenza a questo scopo, che però non sono avviabili istantaneamente e richiedono circa 60 secondi per entrare in funzione.
Il test era già stato condotto su un altro reattore, ma con tutti i sistemi di sicurezza attivi e in condizioni operative differenti, e aveva dato esito negativo: l'energia elettrica prodotta sfruttando la sola inerzia delle turbine era insufficiente ad alimentare le pompe.
Erano state apportate quindi migliorie alle turbine, che richiedevano un nuovo test di verifica.

Il test ebbe inizio sotto la responsabilità del capoturno della sala di controllo, Igor' Kazackov, subentrato alle ore 08:00 del 25 aprile; al suo arrivo il reattore dell'unità 4 era già stato in parte rallentato ed, essendo state inserite quasi tutte le barre di controllo, la sua potenza era stata ridotta a 1.600 MWt.
Kazackov seguì il programma del test e diede ordine di disabilitare il sistema d'emergenza di raffreddamento; la procedura avrebbe dovuto essere effettuata manualmente dagli operatori che quindi procedettero a chiudere le grandi valvole delle tubature dell'acqua di raffreddamento.

L'operazione si concluse alle ore 14:00 e si prevedeva di procedere al test entro 15 minuti .
A questo punto tuttavia il programma subì un ritardo; il gestore della rete elettrica della regione di Kiev, che riceveva l'energia dalla centrale, segnalò la necessità di mantenere elevata la potenza del reattore per qualche ora ancora per supplire alla carenza di fornitura di elettricità proveniente dalla centrale nucleare dell'Ucraina meridionale che, avendo avuto un guasto, aveva interrotto temporaneamente l'erogazione .
Gli operatori appresero la notizia del rinvio con disappunto, essendo già stato disattivato il sistema refrigerante di emergenza.
Alle ore 16:00 tuttavia si effettuò il cambio del turno alla sala controllo del reattore e prese la direzione delle operazioni Jurij Tregub, che non si aspettava di dover gestire il test e apprese con sorpresa che la potenza del reattore era stata dimezzata e che il sistema di raffreddamento d'emergenza era inattivo .

Tregub decise per il momento di non prendere alcuna iniziativa, di lasciare invariata la potenza del reattore e attendere le indicazioni del gestore della rete elettrica.
Alle ore 20:00, non avendo ancora ricevuto alcuna notizia, Tregub decise di contattare Anatolij Djatlov, il vicecapo ingegnere della centrale responsabile del funzionamento dei reattori e della procedura di spegnimento dell'unità 4.
Djatlov fu rintracciato a casa; decise di prendere personalmente la direzione della sala controllo e disse a Tregub di attendere il suo arrivo; poco dopo anche il capoingegnere Nikolaj Fomin confermò che bisognava aspettare l'arrivo di Djatlov .
Alle ore 21:00 il gestore della rete elettrica di Kiev comunicò alla centrale che avrebbe potuto ridurre la fornitura di energia e procedere allo spegnimento del reattore, ma Tregub aveva ordini di attendere Djatlov che arrivò alla sala controllo poco dopo le ore 23:00 .

Anatolij Djatlov era uno specialista esperto e capace, dotato di notevoli qualità intellettuali, ma aveva anche un carattere difficile e autoritario; arrivato alla sala controllo impose subito le sue decisioni: non diede molte spiegazioni a Tregub e ordinò di procedere a ridurre ulteriormente la potenza del reattore .

Alla mezzanotte l'unità 4 era scesa a 760 MWt e alla stessa ora si effettuò il nuovo cambio di turno e subentrò come responsabile della sala controllo Aleksandr Akimov, un operatore tecnicamente preparato ma non molto esperto dei suoi compiti .
Gli altri operatori principali nella sala controllo erano Leonid Toptunov, responsabile del controllo del reattore (SIUR, staršij inžener upravlenija reaktorom<!-старший инженер управления реактором-->, secondo la terminologia sovietica), Boris Stoljarčuk, responsabile del controllo del sistema delle pompe, Igor' Kersenbaum, responsabile del controllo delle turbine.

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Aleksandr Akimov, capoturno nella sala controllo dell'unità 4 al momento dell'incidente e Leonid Toptunov, responsabile del controllo del reattore

Tutti gli operatori nella sala erano fortemente impegnati, ma in particolare Toptunov doveva controllare due grandi schermi che indicavano la situazione dei 1.659 canali del combustibile di uranio e delle 211 barre di controllo di carburo di boro .
Tregub e altri operatori del turno smontante erano rimasti nella sala dove in quel momento erano presenti una ventina di persone compresi tecnici delle turbine e di altri reparti coinvolti nel test.

Per motivi mai chiariti, Toptunov commise un errore e introdusse le barre di controllo troppo in profondità, causando conseguentemente un crollo della potenza oltre il previsto, che raggiunse il livello bassissimo di soli 30 MW termici.
Intervenne quindi un effetto di feedback dovuto alla produzione di xeno-135 nella fase di bassa potenza del reattore.
Normalmente lo xeno-135, un assorbitore di neutroni che si crea durante il funzionamento del reattore come prodotto di fissione primario (e dal decadimento del tellurio-135), è in una concentrazione di equilibrio proporzionale alla potenza del nocciolo (o meglio al flusso neutronico termico) e tende invece ad aumentare in quantità (e quindi nella capacità di assorbimento neutronico) nella prima fase di riduzione della potenza per poi scomparire, con la prevalenza del decadimento rispetto alla sua produzione. Come conseguenza del calo della potenza, la concentrazione di xeno-135 aumentò considerevolmente insieme quindi all'assorbimento dei neutroni, facendo crollare ulteriormente la potenza generata e creando allo stesso tempo il pericoloso effetto di mascherare la reale reattività del nucleo (che si sarebbe successivamente rapidamente manifestata quando la concentrazione di xeno fosse cominciata a diminuire).

Sebbene il calo di potenza fosse vicino al limite ammesso dalle norme di sicurezza (l'instabilità del reattore alle basse potenze era nota), si decise di non eseguire lo spegnimento completo e di continuare l'esperimento. Probabilmente gli operatori non erano al corrente del comportamento dello xeno-135, e pensavano che il crollo della potenza fosse dovuto al malfunzionamento dei regolatori automatici di potenza.
All'1:05 del 26 aprile, come previsto dalla pianificazione del test, furono attivate pompe di alimentazione extra, ma la quantità di acqua immessa superò all'1:19 i limiti di sicurezza, con l'effetto di ridurre ancor di più la potenza del reattore per le proprietà avvelenanti dell'acqua leggera. Con una manovra contraria alle procedure corrette, per accelerare la risalita della potenza e quindi affrettare la conclusione dell'esperimento, furono estratte tutte le barre di controllo eccetto 6, incluse molte barre di controllo manuali, ben oltre i limiti delle norme di sicurezza che prevedono di lasciare almeno 30 barre di controllo inserite.
La potenza fu così fatta risalire gradualmente fino a 200 MW termici (comunque meno di un terzo del minimo richiesto).

Situazione critica

L'azione di rimozione delle barre di controllo manuale aveva portato il reattore in una situazione molto instabile e pericolosa, all'insaputa degli operatori.
La reale attività del reattore era mascherata dall'eccesso di xeno-135 e dell'acqua di raffreddamento, e non era riportata in alcun modo sui pannelli di controllo; nessuno degli operatori in sala controllo era conscio del pericolo.
Come se non bastasse, l'aumento di acqua oltre i limiti di sicurezza aveva portato a una diminuzione critica della produzione di vapore e ad altri cambiamenti di parametri che normalmente avrebbero causato lo spegnimento automatico del reattore, peraltro disabilitato manualmente. Furono disattivati anche diversi altri sistemi automatici (il raffreddamento di emergenza del nocciolo, la riduzione di emergenza della potenza, e via dicendo).

Alle 1:23:04 si iniziò l'esperimento vero e proprio.
Fu staccata l'alimentazione alle pompe dell'acqua, che continuarono a girare per inerzia.
La turbina fu scollegata dal reattore; con la diminuzione del flusso dell'acqua e il conseguente surriscaldamento, i tubi si riempirono di sacche di vapore.
Il reattore RBMK, nelle delicate condizioni in cui fu portato, aveva un coefficiente di vuoto positivo e quindi la reazione crebbe rapidamente al ridursi della capacità di assorbimento di neutroni da parte dell'acqua di raffreddamento, diventando sempre più instabile e pericoloso.
Il coefficiente di vuoto positivo creò così un circolo vizioso: aumentando la temperatura dell'acqua, aumentarono le sacche di vapore che accelerarono la reazione, creando ancora più calore, che a sua volta fece aumentare ancora la temperatura dell'acqua.

Alle 1:23:40 gli operatori azionarono il tasto AZ-5 (Rapid Emergency Defense 5) che esegue il cosiddetto "SCRAM", cioè l'arresto di emergenza del reattore che inserisce tutte le barre di controllo incluse quelle manuali incautamente estratte in precedenza.
Non è chiaro se l'azione fu eseguita come misura di emergenza, o semplicemente come normale procedura di spegnimento a conclusione dell'esperimento, giacché il reattore doveva essere spento comunque per la manutenzione programmata.
Di solito lo SCRAM è ordinato a seguito di un rapido e inatteso aumento di potenza.
D'altro canto, Anatolij Djatlov, capo ingegnere dell'impianto di Černobyl' al tempo dell'incidente scrisse:

«Prima delle 1:23:39 il sistema di controllo centralizzato [...] non registrò alcun cambio dei parametri da poter giustificare lo “SCRAM”. La commissione [...] raccogliendo e analizzando una grande quantità di dati, come indicato nel rapporto, non ha determinato il motivo per cui fu ordinato lo SCRAM. Non c'era necessità di cercare il motivo. Il reattore veniva semplicemente spento al termine dell'esperimento. »

A causa della lenta velocità del meccanismo d'inserimento delle barre di controllo (che richiede 18-20 secondi per il completamento) e dell'estremità (estensori) in grafite delle barre, lo SCRAM causò un rapido aumento della reazione.

Infatti nei primi secondi le estremità in grafite delle barre rimpiazzarono nel reattore un uguale volume di acqua di raffreddamento.
Ora, l'acqua refrigerante assorbe neutroni mentre la grafite funge da moderatore portando i neutroni alla velocità ottimale per la reazione.
La conseguenza fu che all'inizio dell'inserimento delle barre la reazione fu accelerata improvvisamente producendo un enorme aumento di potenza nel reattore.
L'improvviso aumento di temperatura deformò i canali delle barre di controllo che stavano scendendo, al punto che le barre si bloccarono a circa un terzo del loro cammino e non furono più in grado di arrestare una reazione in cui l'aumento di potenza diveniva incontrollato a causa del coefficiente di vuoto positivo.
Così, dopo soli sette secondi dall'inizio dell'inserimento delle barre - alle 1:23:47 - la potenza del reattore raggiunse il valore di 33 GW termici, dieci volte la potenza normale.
Le barre di combustibile cominciarono a fratturarsi bloccando le barre di controllo con la grafite all'interno, quindi il combustibile cominciò a fondere; inoltre, alle alte temperature raggiunte, l'acqua all'interno del reattore reagì chimicamente con lo zirconio, di cui sono in genere fatte le tubazioni degli impianti nucleari, dissociandosi e producendo grandi volumi di idrogeno gassoso.

Le due esplosioni

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La pressione del vapore aumentò fino a causare la rottura delle tubazioni e l'allagamento dei sotterranei.
Quando il corium formatosi raggiunse l'acqua di raffreddamento, avvenne la prima esplosione di vapore (all'1:24); dall'interno del nocciolo il vapore risalì lungo i canali e causò un'enorme esplosione che fece saltare la piastra superiore del nocciolo in acciaio e cemento, pesante circa 1 000 tonnellate , fu proiettata in aria con le tubazioni dell'impianto di raffreddamento e le barre di controllo, e ricadde verticalmente sull'apertura lasciando il reattore scoperto.
La seconda esplosione fu causata dalla reazione tra grafite incandescente e l'idrogeno gassoso.

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Ci sono alcune controversie sulla sequenza degli eventi dopo le ore 1:22:30, a causa di incongruenze fra i testimoni oculari e le registrazioni.
La versione comunemente accettata è quella descritta sopra.
Secondo questa ricostruzione la prima esplosione avvenne intorno alle 1:23:44, sette secondi dopo il comando di SCRAM.
A complicare la ricostruzione alle ore 1:23:47 fu registrato, nell'area di Černobyl', un debole evento sismico di magnitudo 2,5.
Inoltre il tasto di SCRAM fu premuto più di una volta, ma la persona che lo fece morì due settimane dopo per l'esposizione prolungata alle radiazioni.

Talvolta però è stato detto che l'esplosione avvenne prima o immediatamente dopo lo SCRAM (questa era la versione di lavoro della commissione sovietica di studio sull'incidente).
La distinzione è importante poiché, se il reattore fosse esploso diversi secondi dopo lo SCRAM come risulta dall'ultima ricostruzione accertata, il disastro sarebbe da attribuirsi principalmente al progetto delle barre di controllo.
Se l'esplosione fosse avvenuta prima dello SCRAM, la causa sarebbe da imputarsi maggiormente alle azioni degli operatori.

Nel 1986, l'AIEA aveva indicato negli operatori la causa principale dell'incidente.
Nel gennaio 1993 la stessa AIEA rivide l'analisi dell'incidente, attribuendo la causa principale al progetto del reattore, non agli operatori.

I frammenti di grafite si sparsero nella sala del reattore e intorno all'edificio. Al contatto con l'ossigeno dell'aria, per le altissime temperature dei materiali del nocciolo, nel reattore divampò un violento incendio di grafite che coinvolse anche i materiali bituminosi di copertura del tetto e altre sostanze chimiche presenti.
Secondo il progetto della centrale, il tetto del reattore avrebbe dovuto essere costruito con materiale ignifugo, ma all'epoca di costruzione tale materiale non esisteva; fu fatto quindi uso di catrame infiammabile, e i pezzi proiettati sul tetto del reattore adiacente causarono almeno altri cinque incendi.
Gli incendi contribuirono in misura enorme alla diffusione di materiali radioattivi nell'atmosfera.
Un effetto secondario dello scoperchiamento del reattore, d'altra parte, fu che il movimento d'aria contribuì al raffreddamento del nocciolo liquefatto.

L'impianto, a causa della sua doppia natura civile e militare, era stato costruito con un sistema automatico di sostituzione delle barre di combustibile (indispensabile per la produzione di plutonio che esige cicli di sostituzione delle barre di pochi giorni) sospeso mediante gru a ponte, e questa scelta aveva determinato l'impossibilità di costruire un contenimento in cemento armato abbastanza alto poiché il reattore misurava 30 metri di altezza e almeno altrettanti erano necessari sopra di esso per il robot colonnare di sostituzione delle barre, lunghe quanto il reattore stesso, cui doveva aggiungersi lo spazio per la gru destinata a manovrare la colonna robotizzata.
A causa dell'altezza complessiva di circa 70 metri dell'impianto, del tutto inusuale per le centrali nucleari occidentali, ma possibile nell'ex Unione Sovietica, si decise quindi di realizzare solo un contenimento parziale, che escludeva la sommità del reattore, scelta che contribuì alla dispersione dei contaminanti radioattivi nell'atmosfera.

Prime reazioni dopo la catastrofe

Nella sala controllo dopo l'esplosione si diffuse la massima confusione; mentre dal soffitto cadevano frammenti e polvere e dai bocchettoni di aereazione fuoriusciva una nebbia grigiastra, Djatlov, Akimov e Toptunov non riuscirono a comprendere subito la natura degli eventi e disorientati e preoccupati cercarono di valutare la situazione sugli schermi della sala controllo .
Djatlov si trovò di fronte ad una serie di spie luminose lampeggianti ed a continui allarmi sonori; egli vide apparentemente che non era più presente l'acqua nei separatori dell'impianto di raffreddamento e che veniva segnalato il blocco a metà percorso delle barre di controllo.
I sensori inoltre segnalavano anche che, nonostante l'azione di spegnimento attivata da Toptunov, il nocciolo del reattore sembrava ancora attivo, a causa della mancata discesa completa delle barre .
Djatlov inizialmente aveva ipotizzato che la catastrofe fosse stata provocata dall'esplosione del serbatoio di acqua e vapore del sistema di emergenza che si trovava più in alto sopra la sala controllo a livello +71; subito dopo però, di fronte ai dati degli indicatori, cercò di prendere misure immediate per attivare le pompe d'emergenza per immettere acqua di raffreddamento nel reattore e cercare di far scendere le barre di controllo .

Djatlov quindi decise di inviare due giovani aspiranti ingegneri presenti come spettatori nella sala controllo, Viktor Proskurjakov e Aleksandr Kudrjavcev, direttamente nella sala reattore per controllare visivamente le condizioni del nocciolo e completare manualmente la discesa delle barre di controllo .

I due giovani allievi incontrarono lungo il percorso Valerij Perevozcenko, l'addetto responsabile di turno della sala reattore; i tre proseguirono e si imbatterono subito dopo in Aleksandr Juvcenko, l'ingegnere responsabile del reattore 4, coinvolto nell'esplosione mentre si trovava al livello +12,5, e in Jurij Tregub, il direttore uscente della sala controllo che era stato inviato da Djatlov a cercare di aprire manualmente il sistema refrigerante di emergenza .
Juvcenko e Tregub avevano in precedenza prestato soccorso ad alcuni colleghi rimasti coinvolti nel crollo della sezione delle pompe, quindi avevano faticosamente raggiunto i serbatoi del refrigerante dove si trovarono con l'acqua fino alle ginocchia in mezzo ad un ambiente in totale rovina.
La sala pompe era completamente distrutta, i serbatoi ridotti in frantumi, il soffitto parzialmente crollato.
L'esplosione nella sala del reattore aveva coinvolto subito la sala pompe del sistema refrigerante principale dell'unità 4; l'addetto di turno quella notte era Valerij Il'ič Chodemčuk, che rimase sepolto sotto le macerie del crollo del locale macchine al livello +10 dove egli si trovava .

L'ingegnere Vladimir Nikolaevič Šašenok invece si trovava al momento dell'esplosione al livello +24 nel cosiddetto compartimento 604 per controllare sugli indicatori il test delle turbine; la catastrofe provocò immediatamente la rottura dei condotti di acqua bollente e vapore, con conseguente fuoriuscita di liquidi e gas ustionanti, e il crollo quasi completo del compartimento 604; tre macchinisti si aprirono faticosamente una strada tra le macerie e riuscirono a recuperare Šašenok che giaceva riverso tra i detriti privo di sensi "muovendo debolmente gli occhi" .

Abbandonate le macerie dei serbatoi, Juvčenko e Tregub usciti all'aperto avevano potuto vedere dal basso la sala reattore rendendosi conto per primi delle dimensioni catastrofiche del disastro .
Videro che la sala del reattore n. 4 era completamente frantumata: il tetto era saltato in aria, una parete era crollata, i serbatoi e le tubazioni dell'acqua di raffreddamento erano squarciati e pericolanti, l'ambiente era solcato dalle scintille provocate dai cortocircuiti continui dei cavi troncati dall'esplosione.
Dalle macerie fumanti della sala reattore fuoriusciva infine verso il cielo "una colonna iridescente" di luce bianco-azzurra provocata dalla ionizzazione radioattiva dell'aria causata a sua volta dall'emissione nell'atmosfera delle particelle radioattive del nocciolo ormai esposto completamente .
Dopo aver osservato dall'esterno le condizioni dell'unità 4, Juvčenko e Tregub erano rapidamente rientrati per cercare di raggiungere la sala controllo e informare Djatlov; durante il percorso incontrarono Perevozčenko e i due allievi ingegneri a cui riferirono che le condizioni del reattore erano ormai compromesse e che era assolutamente impossibile pensare di far scendere manualmente le barre di controllo. Perevozcenko tuttavia decise ugualmente di cercare di raggiungere la sala reattore dall'alto per valutare meglio la situazione .
Juvčenko si unì quindi a Perevozčenko, Proskurjakov e Kudrjavcev, mentre Tregub continuò invece verso la centrale di controllo; i quattro riuscirono a salire a quota +35 e raggiunsero, in mezzo alle macerie, la pesantissima porta a tenuta stagna che dava accesso alla sala del reattore.
La porta fu faticosamente tenuta aperta da Juvčenko, mentre gli altri tre entrarono e osservarono per pochi secondi dall'alto con l'aiuto di una torcia elettrica: la copertura d'acciaio Elena era divelta e inclinata da un lato, i tubi del vapore erano tranciati, le barre di controllo liquefatte e al posto della struttura del reattore c'era un enorme cratere nel cui fondo si trovava il materiale radioattivo del nocciolo .
Enormi quantità di radiazioni venivano emesse ogni secondo e i tre, completamente sconvolti, abbandonarono la sala reattore dopo meno di un minuto e insieme a Juvčenko si diressero alla sala di controllo .

Condizioni atmosferiche

Nelle ore successive al disastro insistevano sull'area due zone ad alta pressione, una a forma di cuneo sull'Europa Centrale e una sul Mediterraneo.
Sabato 26 e domenica 27 aprile il vento soffiava verso nord, investendo la Bielorussia e le tre repubbliche baltiche, per girare poi verso nord-ovest il lunedì successivo, su Svezia e Finlandia, e infine verso ovest, su Polonia, Germania settentrionale, Danimarca, Paesi Bassi, Mare del Nord e Regno Unito.

Da martedì 29 aprile a venerdì 2 maggio un'area depressionaria sul Mediterraneo si spostò a sud, richiamando un flusso d'aria da nord-est su Cecoslovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Austria e Italia settentrionale, scivolando poi in parte sull'arco alpino, investendo Svizzera, Francia sud-orientale e Germania meridionale, e in parte sull'arco appenninico, investendo l'Italia centrale.

Da domenica 4 a martedì 6 maggio, il vento girò verso sud, investendo di nuovo Ucraina, Russia meridionale, Romania, Moldavia, Penisola balcanica, fino alla Grecia e alla Turchia.

L'emissione di vapore radioattivo cessò sabato 10 maggio 1986.

Per valutare la contaminazione radioattiva nelle varie zone fu importante sapere dove era piovuto, perché gli elementi radioattivi hanno raggiunto e sono depositati al suolo a seguito delle precipitazioni.
Il portale Humus riporta mappe tematiche, europee e italiane, sulla contaminazione proveniente da Černobyl' .
È possibile riscontrare questo deposito ancor oggi, misurando la radioattività emessa dagli isotopi di cesio (137Cs), dal plutonio (239Pu e 240Pu) e dal piombo (210Pbxs) presenti nei livelli di terreno risalenti al 1986 .

Gestione della crisi

Livello delle radiazioni

Solo una piccola parte degli strumenti di rilevazione a disposizione era in grado di effettuare misure fino a 360 000 röntgen/ora e risultarono indisponibili, chiusi in cassaforte; quelli impiegabili arrivavano a un massimo di 3,6 R/h, valore di fondo scala.

I contatori Geiger della sala di controllo indicavano 3,6 röntgen/ora, un valore del tutto accettabile, così il vicecapoingegnere Anatolij Djatlov suppose che il reattore fosse ancora intatto.
Questi riferì al direttore della centrale Viktor Brjuchanov che i contatori Geiger della sala di controllo indicavano 3,6 röntgen/ora; questo valore era solo apparentemente rassicurante, essendo il fondo scala dei contatori, che non erano in grado di visualizzare valori maggiori.
Djatlov era sicuro che il valore effettivo fosse più alto.

Immediatamente furono mandati operatori della centrale per effettuare rilevamenti, attrezzati di contatori Geiger con fondo scala a 360 000 röntgen/ora e mascherine chirurgiche.
Un operatore incaricato tornò con dei dati sconcertanti: le radiazioni nei pressi del reattore misuravano ben 20 000 röntgen/ora (R/h), valori così inverosimilmente alti che i dirigenti pensavano che fossero gli strumenti di misura a non funzionare correttamente.

In alcune zone, vista la propagazione delle radiazioni a macchia di leopardo, i valori stimati superavano di oltre 5 000 volte il valore riportato dagli strumenti meno efficienti.
Basti considerare che, in una città europea, il fondo scala misura circa 20 micro-röntgen, ovvero 0,00002 röntgen; il valore rilevato nei pressi della centrale era 1 miliardo di volte superiore a quello naturale.
Sono sufficienti 500 röntgen in 5 ore per uccidere un essere umano.
Molti operatori furono esposti a una dose mortale di radiazioni nell'arco di pochi minuti.


Aleksandr Akimov e Leonid Toptunov (responsabile in quel momento della sala di controllo del reattore nº 4) andarono ad aprire a mano le valvole che immettevano acqua per il raffreddamento del reattore, senza alcuna tuta protettiva, consapevoli di esporsi a un rischio che li avrebbe condotti alla morte nel giro di due settimane.
Akimov e Toptunov furono insigniti dell'Ordine per il Coraggio di terza classe per il coraggio.


Intervento dei vigili del fuoco

Il primo allarme per i vigili del fuoco di turno della Brigata paramilitare N. 2 di Černobyl', fu diramato alle ore 01.25 del 26 aprile; si segnalava semplicemente un incendio alla centrale nucleare.

I quattordici pompieri del turno notturno, guidati dal giovane tenente Vladimir Pravik, stanziati in una caserma a soli 500 metri dall'impianto, avevano udito l'esplosione e potevano vedere la nuvola di fumo a forma di fungo che si era innalzata dalla centrale.

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Il tenente Vladimir Pravik, capoturno dei vigili del fuoco di Černobyl' la notte dell'incidente. Deceduto l'11 maggio 1986.

Gli uomini salirono quindi rapidamente a bordo dei loro mezzi ZIL 130, ZIL 131 e Ural e si diressero al luogo dell'incidente che raggiunsero già alle ore 01:30 .

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Autopompe ZIL 131; mezzi impiegati dai vigili del fuoco per spegnere l'incendio alla centrale.

Nella vicina Pryp"jat' era presente una seconda unità di vigili del fuoco, la Brigata paramilitare N. 6, che fu allertata alle ore 01:29; i pompieri di turno, guidati dal tenente Viktor Kibenok si diressero alla centrale .

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Il tenente Viktor Kibenok, capoturno dei vigili del fuoco di Pryp"jat' la notte dell'incidente. Deceduto il 14 maggio 1986.

Le tre autopompe del tenente Pravik superarono i cancelli della centrale e raggiunsero la struttura delle unità 3 e 4 sormontate dalla grande torre di ventilazione; i pompieri si resero conto della gravità dei danni, videro che il tetto e una parete dell'unità 4 erano distrutti e che infuriava un vasto incendio .
Il tenente Pravik, molto impressionato, diramò via radio il segnale di massimo allarme "allerta 3" e quindi si spostò con la sua squadra, di cui facevano parte anche i fratelli Ivan e Leonid Šavrej, verso l'unità 4.
Le fiamme sembravano provenire dal tetto della sala turbine e il tenente Pravik fece avvicinare un'autopompa mentre i vigili Leonid Šavrej e Vladimir Pryščepa salivano sul tetto per valutare la situazione; si trovarono in mezzo a strutture frananti, mentre il bitume del rivestimento si stava sciogliendo; il tetto della sala turbine appariva cosparso di detriti di uno strano materiale argenteo .
I vigili del fuoco, equipaggiati con il normale equipaggiamento protettivo, ignoravano completamente i rischi che stavano correndo e credevano di dover spegnere un normale incendio.
In realtà i detriti erano pezzi di grafite altamente radioattiva proveniente dal reattore esploso e i pompieri della squadra di Černobyl' stavano assorbendo quantità enormi di radiazioni .

Dopo pochi minuti dall'intervento della squadra del tenente Pravik, arrivarono alla centrale anche i pompieri del gruppo N. 6 proveniente da Pryp"jat'; il tenente Kibenok e i suoi uomini, tra cui il vigile del fuoco Vasilij Ignatenko, si spostarono verso l'unità 3 e salirono sul tetto del reattore che aveva preso fuoco.
I vigili montarono le manichette e iniziarono a spegnere le fiamme mentre contemporaneamente la squadra di Černobyl' lavorava sul tetto della sala turbine.
Anche il tetto dell'unità 3 era pieno di pezzi di grafite radioattiva che i pompieri rimuovevano senza alcuna protezione; i vigili del tenente Kibenok quindi assorbirono dosi elevatissime di radiazioni .

L'incendio sul tetto dell'unità 3 fu controllato entro trenta minuti grazie ai vigili del tenente Kibenok raggiunti anche da alcuni uomini della Brigata N. 2; il tenente Pravik salì sul tetto e coordinò insieme a Kibenok e Ignatenko l'impiego delle manichette e della schiuma per spegnere le fiamme.
I vigili del fuoco lavoravano in un ambiente pieno di fumo e in mezzo a detriti radioattivi mentre una misteriosa nebbia dall'odore caratteristico fuoriusciva dal cratere dell'unità 4 .

Dopo pochi minuti dall'intervento della squadra di Pryp"jat', arrivò sul posto il comandante responsabile dei vigili del fuoco della Brigata paramilitare N. 2, maggiore Leonid Teljatnikov, che cercò di prendere il controllo della situazione spostandosi nei vari punti critici; egli in un primo momento parlò con Leonid Šavrej che era sceso dal tetto della sala turbine quindi alle ore 02:25 vide scendere dal tetto dell'unità 3 il tenente Pravik insieme agli uomini del tenente Kibenok .
I vigili lamentavano nausea, vomito, cefalea e vertigini e avevano bisogno di un immediato intervento; dovettero essere tutti trasportati all'ospedale di Pryp"jat' dove il medico di turno, dottor Belokon, comprese subito che si trattava di malattia acuta da radiazione, informò le autorità superiori e richiese forniture urgenti di ioduro di potassio.

È possibile che la radiazione sul tetto dell'unità 3 abbia raggiunto, durante l'intervento dei vigili del fuoco, un livello di 3.000 röntgen/ora, e in alcuni punti anche 8.000 röntgen/ora: alcuni pompieri avevano assorbito una dose letale di radiazione in appena quattro minuti .
Il maggiore Teljatnikov inviò rinforzi sul tetto dell'unità 3, ma alle ore 03.30 anche lui iniziò ad accusare i primi sintomi, mentre alla centrale arrivavano continuamente sempre nuove unità di vigili del fuoco provenienti da tutta la regione di Kiev; alle ore 06:35 trentasette squadre di pompieri erano giunte sul luogo del disastro e 186 vigili del fuoco e 81 autopompe lavoravano per controllare la situazione .
Poco prima delle ore 07:00 del 26 aprile gli incendi visibili erano stati spenti e il vicecomandante dei vigili del fuoco del distretto di Kiev dichiarò che l'emergenza era terminata e la situazione era tornata sotto controllo. In realtà, anche se il fuoco era stato spento, dal cratere dell'unità 4 continuavano ad uscire fumo nero e il misterioso vapore dall'odore strano che si disperdevano nel cielo .

Le reazioni del governo dell'URSS


Michail Gorbačëv fu informato di "un'esplosione e un incendio" alla centrale ucraina al primo mattino del 26 aprile, ma egli apparentemente, non informato su dettagli che nessuno in realtà conosceva in quel momento, non sembrò molto preoccupato .
Alcune ore prima anche il presidente del consiglio Nikolaj Ivanovič Ryžkov era stato informato per telefono dal presidente del consiglio ucraino Ljaško dell'incidente ma neppure lui in un primo momento si allarmò; più tardi ebbe modo di parlare con Anatolij Majorec, il ministro dell'Energia, già impegnato a chiarire la situazione e stava per recarsi sul posto.
Le informazioni disponibili, basate sul rapporto di Brjuchanov, riferivano di una esplosione che aveva distrutto il tetto e di un incendio; il reattore sembrava essere stato spento .

Il ministro Majorec partì in aereo da Mosca nel pomeriggio insieme a Vladimir Marin, responsabile dell'energia all'interno del Comitato centrale del PCUS e Gennadij Sašarin, vice-ministro con delega alle centrali nucleari; i tre raggiunsero Kiev e quindi atterrarono a Pryp"jat', dove, dopo un sopralluogo alla centrale di Marin e Sašarin, capirono che l'incidente era molto più grave del previsto; i danni alla struttura erano enormi, pezzi di grafite erano sparsi intorno e l'aria era irrespirabile; il livello di radiazioni era alto .
Nelle ore seguenti si tennero continue riunioni tra le autorità venute da Mosca e i dirigenti della centrale; Brjuchanov e Fomin erano sconvolti e incapaci di prendere decisioni, mentre in un primo tempo Sašarin, nonostante l'ispezione diretta, continuò a mostrare ottimismo; Marin invece temeva il peggio e chiese spiegazioni a Brjuchanov sui pezzi di grafite intorno all'area dell'incidente; il direttore della centrale ammise che il materiale poteva provenire dall'esplosione del reattore .
A questo punto alcuni funzionari locali e il viceministro dell'Interno ucraino proposero di prendere misure di sicurezza per interdire la zona e pianificare un'evacuazione della popolazione, ma Majorec non ebbe il coraggio di prendere una soluzione così radicale che avrebbe potuto scatenare il panico e affermò che "il pericolo era stato esagerato" .
Poco dopo tuttavia arrivarono i due esperti di centrali nucleari inviati da Mosca, Boris Prusinskij e Konstantin Poluskin, che, appena tornati da un giro di ispezione in elicottero sopra la centrale, chiarirono finalmente la situazione: il reattore "non c'era più", lo scudo biologico era saltato e i frammenti radioattivi erano sparsi ovunque .


Maiorets era sconvolto da queste notizie, ma alle ore 20.00 del 26 aprile giunse a Pryp"jat' Boris Evdokimovič Ščerbina, l'uomo inviato da Mosca con pieni poteri a capo della commissione d'indagine istituita dalle massime autorità per fronteggiare l'emergenza.
Ščerbina, vicepresidente del consiglio dell'URSS con delega al settore energetico, era un esperto di impianti industriali; energico e risoluto, arrivò sul posto insieme a Valerij Legasov, il vice presidente dell'Istituto Kurčatov per l'energia atomica, pieno di fiducia e deciso a prendere in mano la situazione .

Ščerbina parlò subito con Sašarin e Prusinskij; entrambi apparvero estremamente preoccupati, parlarono dei danni catastrofici del reattore, della grafite sparsa intorno, del livello in aumento delle radiazioni. Prusinskij propose di evacuare la popolazione di Pryp"jat' .
Ščerbina fu colpito da queste notizie catastrofiche ma non cedette al panico e continuò a mostrarsi fermo e determinato.
Escluse l'evacuazione e a mezzanotte parlò per telefono con Gorbačëv, al quale fece un resoconto ancora fiducioso della situazione, e con Vladimir Ščerbickij, potente capo del Partito comunista ucraino, al quale confermò che bisognava fermare il panico ed evitare di essere "umiliati di fronte al mondo intero" .

Entro pochi minuti la dirigenza sovietica sul posto cambiò idea; alle ore 21 si erano verificate tre nuove esplosioni nella centrale con nuova dispersione di frammenti radioattivi che fecero temere una ripresa della reazione a catena e contemporaneamente il vento iniziò a spingere la nube radioattiva verso nord in direzione di Pryp"jat' .
A questo punto funzionari locali, esperti della commissione e i massimi dirigenti politici ucraini rinnovarono le pressioni per iniziare l'evacuazione; anche Legasov intervenne affermando che il reattore sembrava "ingovernabile" e che bisognava evacuare. Ščerbina alla fine si convinse e, dopo aver telefonato al presidente del consiglio Ryžkov a Mosca per l'autorizzazione, decise le prime misure operative per evacuare; alle ore 01.00 del 27 aprile fu ordinato di preparare gli elenchi delle persone .

Boris Ščerbina era un tipico dirigente sovietico, brusco e tirannico con i sottoposti, ma anche un combattente determinato e razionale; assunse il controllo delle operazioni nella centrale e, mentre dopo grandi incertezze dava inizio all'evacuazione, prese anche le decisioni per fermare la catastrofe del reattore.
Egli mobilitò le prime unità militari, convocò il generale Nikolaj Antoškin, il capo dello stato maggiore delle forze aeree del distretto di Kiev, e organizzò alcuni gruppi operativi.
I generali Ivanov, vicecapo della protezione civile, e Berdov, vicecapo del ministero degli Interni ucraino, avrebbero iniziato a preparare l'evacuazione, Aleksandr Meskov, vicecapo del ministero delle costruzioni macchine di medie dimensioni, avrebbe intrapreso le indagini per individuare le cause dell'incidente, Evgenij Vorob'ëv, viceministro della Sanità, si sarebbe occupato degli aspetti sanitari del disastro, infine Valerij Legasov avrebbe coordinato il gruppo di esperti incaricato di trovare il modo di mettere in sicurezza il reattore N. 4 .

Interventi per sigillare il reattore

Gli esperti del gruppo di Legasov dovevano affrontare una situazione senza precedenti; la situazione nella centrale rimaneva estremamente instabile; il reattore dell'unità 4 esplosa sembrava ancora attivo e si temeva una ripresa della reazione a catena; i tentativi disperati degli operatori della centrale di raffreddare il nocciolo immettendo acqua nell'unità non avevano ottenuto alcun risultato; al contrario era stato allagato con acqua contaminata radioattiva il seminterrato delle unità 3 e 4 e si era favorita la formazione di vapore radioattivo, la nebbia osservata dai pompieri, che fuoriusciva continuamente dal cratere .
L'unità 4 inoltre era ancora incandescente ed emetteva aerosol radioattivi; sul fondo c'erano ancora delle fiamme.

Legasov calcolò che le temperature avessero ormai raggiunto i 1.000 °C, e che ci fosse il rischio di fusione dei rivestimenti del combustibile e dell'uranio stesso del reattore con ulteriore incremento della radiazione; l'incendio della grafite sarebbe potuto continuare per due mesi con conseguenze catastrofiche a livello planetario.
Era quindi assolutamente necessario spegnere l'incendio sul fondo del cratere e interrompere l'emissione radioattiva sigillando il reattore.

Il reattore continuò a bruciare per giorni finché un gruppo di scienziati decise di spegnerlo con l'ausilio di elicotteri che sganciarono migliaia di tonnellate di boro, silicati, sabbia e dolomia, materiali adeguati per soffocare un incendio di tale natura poiché particolarmente efficaci nella schermatura delle radiazioni e soprattutto secchi, così da non produrre colonne di vapori radioattivi.
Si ricordano le vittime dell'elicottero precipitato durante una manovra di sgancio materiali il cui equipaggio era composto da quattro giovani piloti: Volodymyr Kostjantynovyč Vorobjov, Oleksandr Jevhenovič Junhkind, Leonid Ivanonovyč Chrystyč e Mykola Oleksandrovič Hanžuk .

Divulgazione delle notizie e reazioni internazionali

Nella situazione internazionale di Guerra fredda che perdurava da decenni, l'Unione Sovietica aveva sistematicamente mantenuto il massimo segreto sui programmi nucleari civili e militari; inoltre non erano state mai divulgate notizie su precedenti gravi incidenti verificatesi negli impianti sovietici.

La necessità di mostrare una facciata trionfalistica di successi tecnologici e di realizzazioni scientifiche, di combattere la guerra di propaganda con le potenze occidentali senza mostrare debolezze che l'avrebbero esposta agli attacchi polemici statunitensi, l'esigenza di non rivelare i fallimenti del regime, imponevano ai dirigenti sovietici la totale riservatezza su argomenti ritenuti di interesse nazionale prioritario .
Nonostante la presenza al potere di una nuova dirigenza guidata da Michail Gorbačëv teoricamente più aperta verso il mondo non comunista, i capi politici non informarono affatto nei primi giorni i cittadini sugli eventi di Cernobyl'.
In questa occasione, tuttavia, mantenere riservata la notizia della catastrofe era impossibile: la nube radioattiva si stava spostando velocemente e, dopo aver raggiunto nella notte del 26 aprile la Bielorussia, proseguì in Lituania e quindi nel Mar Baltico .

La mattina del 27 aprile, in Svezia, alcuni lavoratori in ingresso alla centrale di Forsmark fecero scattare l'allarme a seguito della rilevazione di alti indici di radioattività.
Si suppose, visto l'elevato livello dei dati, che vi fosse una falla all'interno della centrale e i responsabili cominciarono immediatamente a fare controlli in tutti gli impianti.
Assicuratisi che le loro centrali fossero perfettamente in sicurezza, cominciarono a cercare altrove la fonte delle radiazioni e giunsero così fino in Unione Sovietica.
Chiesero spiegazioni al governo domandando perché non era stato avvisato nessuno.
Dapprima il governo negò la cosa ma ormai anche nelle altre nazioni gli anomali livelli radioattivi avevano messo al corrente l'Europa intera che un grave incidente era occorso in una centrale sovietica.
Il mondo intero cominciò a fare pressione e, così, i sovietici rilasciarono le prime e scarne dichiarazioni sull'incidente.

Evacuazione

Le misure di sicurezza adottate immediatamente dopo il verificarsi dell'esplosione coinvolsero migliaia di vigili del fuoco e militari accorsi immediatamente sul luogo del disastro.
Benché la situazione apparisse nell'immediato critica, la città di Pryp"jat' venne evacuata solo il 27 aprile con 1100 autobus, con la scusa di un allontanamento momentaneo precauzionale.

Una settimana dopo il raggio della zona di esclusione venne portato da 10 a 30 chilometri, a maggio furono ordinate ulteriori evacuazioni anche in villaggi a 400 chilometri dalla centrale che coinvolsero in totale 116000 persone.

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Zona d'esclusione.

Il mattino del 26 aprile 1986 è stato documentato da Vladimir Ševčenko che, non consapevole dei rischi a cui era sottoposto, si avventurò nella zona fortemente contaminata senza alcuna precauzione, arrivando addirittura a filmare a pochi metri sopra il reattore in fiamme.
A causa delle radiazioni Ševčenko si ammalò e morì anch'egli dopo lunga malattia.
Nel suo filmato sono visibili le migliaia di mezzi dell'esercito accorsi sul luogo.
Peraltro quel 26 aprile gli operai impegnati nella costruzione dei reattori 5 e 6 andarono regolarmente al lavoro; nessuno li aveva avvertiti.

La commissione d'inchiesta, viste le condizioni di numerose persone già sotto terapia decisero la notte del 27 aprile l'evacuazione della città.
Fu detto ai cittadini di portare con sé pochi effetti personali, che sarebbero stati trasferiti in misura precauzionale e che in breve tempo avrebbero potuto far ritorno alle loro abitazioni.
Le autorità sovietiche cominciarono a evacuare la popolazione dell'area circostante Černobyl' 36 ore dopo l'incidente.

Giunsero da Kiev decine di autobus che successivamente vennero abbandonati in una sorta di cimitero nella zona interdetta, dove ancora oggi si possono osservare migliaia di mezzi utilizzati per lo sgombero e la gestione della zona.
Molti sono veicoli militari.
L'evacuazione è stata documentata da Michail Nazarenko e si può notare la sottile calma che quel giorno era in città.
Nessuno era realmente conscio di ciò che stava accadendo.

Decine di persone si soffermarono fino a tardi, la notte dell'esplosione, per ammirare la luce scintillante sopra il reattore.
Nel maggio 1986, circa un mese dopo, tutti i residenti nel raggio di 30 km dall'impianto, circa 116 000 persone, erano stati trasferiti.

(Trasmissione di evacuazione in lingua russa di Prip"jat';
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/com...ripyat_1986.ogg)


Il seguente è il testo dell'annuncio dell'evacuazione del 27 aprile, diffuso tramite altoparlanti montati su veicoli militari e delle forze dell'ordine:

«Attenzione, attenzione: fidati compagni, il consiglio comunale dei Deputati informa che in seguito ad un incidente alla centrale elettronucleare di Černobyl' nella città di Prip"jat', la quantità di radiazioni nell'aria è aumentata sopra la norma. Grazie al Partito Comunista e alle forze di polizia sovietiche, le misure d'emergenza necessarie sono state prese. Quindi, per assicurare una completa sicurezza per il popolo, specialmente per i vostri bambini, è necessario evacuare temporaneamente i cittadini nella zona di Kiev. Di conseguenza, ogni appartamento verrà liberato e oggi, 27 aprile a partire dalle 14:00, dei bus verranno messi a disposizione dalla polizia e dai rappresentanti del Partito Cittadino. È consigliato di portare con voi: documenti d'identità, effetti personali necessari e cibo per un pasto. I responsabili delle imprese e delle istituzioni hanno determinato una cerchia di lavoratori che rimarranno sul posto per garantire il normale funzionamento delle imprese della città. Tutti gli appartamenti, durante l'evacuazione, verranno sorvegliati dagli ufficiali di polizia. Compagni, mentre temporaneamente libererete le vostre case, per favore, non dimenticate di: chiudere tutte le finestre, di spegnere tutti gli impianti elettrici e del gas e di chiudere i rubinetti. Per favore rimanete calmi, organizzati e mantenete l'ordine durante l'evacuazione temporanea.»

Rimozione dei detriti

Una volta spento l'incendio e tamponata la situazione di emergenza, negli anni successivi si procedette alle operazioni di recupero e di decontaminazione dell'edificio e del sito del reattore e delle strade intorno, così come alla costruzione di un "sarcofago" per coprire il reattore esploso. Incaricati di queste operazioni furono i cosiddetti liquidatori.

In base a leggi promulgate in Bielorussia, Russia e Ucraina, 600 000 persone , fra militari e civili, ricevettero speciali certificati e l'associata medaglia che confermavano il loro status di "liquidatori", sebbene altre stime basate su registri nazionali parlino di 400 000 e altre addirittura di 800 000.
In ogni caso, fra il totale dei liquidatori la popolazione costituita dalle 226 000 ~ 240 000 persone che operarono nella zona in un raggio di 30 km e negli anni 1986 e 1987 è quella che ricevette la dose di radiazioni più elevata.

Il resto lavorò in aree oltre i 30 km oppure negli anni fra il 1988 e il 1990, quando il livello di radiazioni si era già notevolmente abbassato.
I primi liquidatori furono coloro che vennero incaricati di prelevare i blocchi di grafite dal tetto per gettarli a braccia dentro allo squarcio dove si trovava il reattore.
Vennero informati a questo punto dei rischi e moltissimi non indugiarono un momento pur essendo consapevoli della pericolosità dell'operazione.
Erano sottoposti a turni di due minuti l'uno, in seguito, fu stimato che questi turni non avrebbero dovuto superare i 40 secondi di esposizione, pena una fortissima dose efficace ricevuta.
Dovevano uscire sul tetto, caricare a braccia un blocco di grafite di circa 50 chilogrammi di peso e buttarlo il più rapidamente possibile nello squarcio. Alcuni dovevano invece, con l'ausilio di un badile, spalare i detriti sempre all'interno del reattore.
Erano protetti da indumenti che potevano garantire soltanto un minimo di protezione dalle radiazioni.
Fu promesso loro che al termine di un monte di ore di servizio sul sito del disastro avrebbero avuto il diritto alla pensione anticipata di tipo militare. Tra i liquidatori c'erano numerosi civili provenienti da tutta l'ex Unione Sovietica.

Effetto dei detriti

Il 9 maggio 1986, le 5 000 tonnellate di boro, dolomia, argilla e carburo di boro scaricate nei primi giorni sul reattore per spegnere l'incendio della grafite gravarono così tanto sul reattore già distrutto da crollare ulteriormente dentro la voragine.
Da questo ulteriore crollo si sprigionò un'ulteriore, più debole, colonna di fumi radioattivi che causò un rilascio di materiale di fissione che si sparse in un raggio di 35 chilometri, già evacuati, attorno alla centrale.

Secondo gli esperti vi erano buone possibilità che il nocciolo ancora incandescente e pieno di attività potesse sprofondare ulteriormente arrivando a contatto con l'acqua delle falde, causando così nuove esplosioni di vapore.
Vennero chiamati dei minatori che lavorarono a braccia sotto il reattore scavando un tunnel per inserire sistemi di raffreddamento nei livelli inferiori della centrale.
Spesso le mascherine protettive rendevano loro difficoltosa la respirazione, costringendoli a lavorare in condizioni al limite del sopportabile.
La mappatura definitiva, condotta con l'ausilio di robot automatizzati, del combustibile disperso nei livelli inferiori della centrale attestò comunque che in nessun caso il nucleo liquefatto superò il solaio immediatamente sopra le fondamenta della centrale.

Il sarcofago
(maggiori info: QUIII )

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Il vecchio sarcofago costruito subito dopo l'incidente al reattore nº 4 della centrale di Černobyl', con in primo piano il monumento eretto in memoria degli operai morti nella costruzione del sarcofago.

Tra i 600 000 liquidatori si trovano anche coloro che si adoperarono per la costruzione del sarcofago esterno.
I primi due anni 1986-1987 circa 226 000 ~ 240 000 persone si alternarono per la pulizia e la realizzazione dello scudo protettivo.
Il reattore necessitava di essere isolato al più presto assieme ai detriti dell'esplosione, che comprendevano 180 tonnellate di combustibile, pulviscolo altamente radioattivo e 740 000 metri cubi di macerie contaminate.
Fu quindi progettata la realizzazione di un sarcofago di contenimento per far fronte all'emergenza.

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Viste le necessità, fu impiegata una fila di camion come fondazioni delle pareti di cemento, per un totale di 300 000 tonnellate che, erette per il contenimento del reattore e la struttura portante del sarcofago, sono le stesse macerie del reattore n° 4 e materiale metallico (1 000 tonnellate), il che rende il complesso sia instabile sia poco sicuro[non chiaro].
La volta era sostenuta da tre corpi principali che sorreggono la copertura superiore costituita da tubi di 1 metro di diametro e di pannelli di acciaio.
La parete sud è stata realizzata prevalentemente da pannelli di acciaio che alzandosi per alcune decine di metri si inclinavano di circa 115 gradi per poi concludere verticalmente formando il tetto.
La parete est era la parete non collassata dello stesso reattore, mentre la parete a nord era un puzzle di acciaio, cemento e mura semidistrutte.
La parete ovest, quella più spesso impressa sulle foto, per la sua complessità è stata realizzata a parte e poi montata con l'ausilio di gru sulla facciata.

Il suddetto sarcofago è stato creato a tempo record tra il maggio e il novembre 1986, ma ogni anno, proprio per la povertà dei materiali usati e per la mancanza di una più seria progettazione, nuove falle si aprivano continuamente nella struttura, per un totale di oltre 1.500 metri quadrati di superficie.
Alcune fessure raggiungevano i 10 metri quadrati di superficie, tali da potervi lasciar passare tranquillamente un'automobile.
La pioggia vi si infiltrava all'interno e rischiava di contaminare le falde, benché sotto il reattore fosse stato costruito a braccia un tunnel per isolare il nocciolo fuso dal terreno.
Circa 2.200 metri cubi di acqua si riversavano all'interno del sarcofago ogni anno facendo aumentare di 10 volte la tensione meccanica sulle fondazioni che va da un minimo di 0,2 MPa fino a un massimo di 2 MPa.
Il basamento sprofondò di quattro metri, permettendo l'infiltrarsi di materiale radioattivo nelle falde acquifere comunicanti con i fiumi Pryp"jat' e Dnepr che a loro volta scorrono fino al mar Nero.
30 milioni di persone lungo il corso dei fiumi si servono di essi.
La temperatura all'interno del sarcofago raggiunge in alcuni punti, ancora oggi, 1 000 gradi Celsius in prossimità del nocciolo e tale temperatura contribuisce al costante indebolimento e alla deformazione della struttura.

Nel febbraio del 2013, sotto il peso di una nevicata insolitamente copiosa, è crollata una parte del tetto del locale turbine adiacente al sarcofago.
Tale crollo ha provocato l'immediata evacuazione degli operai del vicino cantiere del nuovo sarcofago per alcuni giorni, per il timore che il crollo avesse coinvolto anche parti del sarcofago stesso.

L'attuale sarcofago non è mai stato dichiarato come una struttura di contenimento permanente.
Ad aggravare la situazione è la sismicità della zona del Pryp"jat'.

All'interno del sarcofago

All'interno del sarcofago si trovano le macerie dell'intera struttura che conteneva il reattore.
Si impiegò moltissimo per poter conoscere che cosa si trovava sotto le macerie e i detriti scaricati.
I tecnici in azione in quel periodo critico riferiscono che era terribile lavorare in quelle condizioni sempre con un contatore Geiger a portata di mano e che spesso rilevavano una radioattività tollerabile come 1 o 5 R/h, ma spesso bastava voltare l'angolo per dover scappare davanti a esposizioni di 500 R/h.

Dopo la costruzione dello scudo di acciaio e cemento, nelle pareti in muratura interne rimaste sono stati effettuati dei buchi per ispezionare mediante l'uso di telecamere e apparecchiature radiocomandate la condizione interna dell'edificio semidistrutto.
Inizialmente i tecnici e gli operatori supposero di trovare il reattore sepolto là sotto tra le macerie, ma con loro grande stupore si resero conto che non era rimasto più niente e che esso si era fuso assieme al nocciolo, colando lungo i piani sottostanti.
La lava radioattiva aveva formato una stalagmite dalla curiosa forma che assomiglia a un "Piede d'elefante" e proprio così è stata ribattezzata.

È formata dal reattore e dal nocciolo fusi ed è composta da uranio, cesio, plutonio, grafite e altro materiale.
È altamente radioattiva, per questo il video del "Piede d'elefante" è stato realizzato tramite apparecchiatura radiocomandata.

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l'uomo nella foto è Artur Korneyev (a volte tradotto come Korneev), un ispettore nucleare kazako che è arrivato a Chernobyl poco dopo l’incidente. Tra gli altri, è stato incaricato del pericolosissimo lavoro di trovare il combustibile fuso e misurare i livelli di radiazione nelle viscere di Chernobyl.

L’immagine più famosa di lui e del piede dell’elefante (sopra) è stata scattata nel 1996, oltre 10 anni dopo il disastro iniziale. In quel momento, il piede di Elefante emetteva circa il 10% delle radiazioni che aveva una volta. Questi livelli potrebbero ancora causare ad un uomo gravi malattie da radiazioni se avesse un’esposizione ravvicinata per circa 5 minuti, tuttavia, sembra che una lettura rapida del misuratore e uno scatto della fotocamera non siano abbastanza lunghi da provocare effetti acuti drammatici sulla salute .
Come potete vedere, la fotografia è granulosa, distorta e punteggiata da strani segni di sovraesposizione. Questo non è il risultato di una cattiva qualità della fotocamera, né di alcuni filtri è dovuto alle radiazioni che disturbano il modo in cui il rullino è stato sviluppato.


Nuovo sarcofago

Nel 1997, al vertice del G7 a Denver, fu fondato il Chernobyl Shelter Fund per raccogliere fondi per mettere in sicurezza il reattore.
Il nuovo progetto prevedeva la costruzione di un nuovo sarcofago di diversa concezione, realizzato con materiali più sicuri e montato su binari.

La struttura a cupola, conclusa nel 2016, successivamente sarebbe dovuta essere spinta fino sopra il vecchio sarcofago così da evitare agli addetti ai lavori l'esposizione diretta alle radiazioni.

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Il nuovo sarcofago in costruzione dinnanzi al reattore nº 4 di Černobyl'

Nel 1998 il costo stimato per la sua progettazione e realizzazione raggiungeva i 780 milioni di dollari, fino a lievitare oltre un miliardo di dollari; esso metterebbe in sicurezza il sito per circa 100 anni.
La Shelter Implementation Plan (SIP) è una cooperativa che si è adoperata per raccogliere i fondi per la realizzazione della nuova cupola, che la sola Ucraina non sarebbe stata in grado di fronteggiare.
La SIP è stata composta e supportata dall'Unione europea, dagli Stati Uniti e dalla stessa Ucraina.
Le uniche modifiche apportate al sarcofago prima della sua sostituzione sono state la realizzazione di accessi per la manutenzione e il monitoraggio del tetto ed un sistema per il controllo delle polveri.

Il progetto del nuovo sarcofago (NSC, ossia New Safe Confinement) prevedeva la realizzazione di una struttura a doppia volta (una sopra l'altra) di altezza massima pari a 92,5 metri e costituita da un totale di 85 elementi; parte della struttura è stata costruita esternamente al sito e il tutto è stato assemblato a 180 metri di distanza dal reattore.
Gli archi sono composti da materiale tubulare d'acciaio resistente e relativamente leggero per diminuire il peso della struttura e i costi d'assemblaggio; successivamente sono stati ricoperti con tre strati di pannelli poi ulteriormente rivestiti di Lexan, resina termoplastica di policarbonato in grado di prevenire l'accumularsi di particelle radioattive tra i vari corpi della volta.

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Il nuovo sarcofago nella posizione finale sul reattore nº 4 di Černobyl'

Tra l'arco superiore, di campata pari a 270 metri e quello inferiore, di campata pari a 240 metri, intercorre nel punto più alto uno spazio di 12 metri. Sono state realizzate 12 doppie volte di una lunghezza di 13,5 metri che assemblate formano un unico corpo lungo oltre 150 metri.

Si è cercato di rendere il tutto meno pesante possibile e gli scavi per la costruzione delle fondazioni sono stati minimi per evitare di smuovere il terreno in superficie, ancora fortemente contaminato a causa di scorie radioattive, terra, sabbia, e detriti della costruzione del primo sarcofago. Attraverso l'uso di binari, la struttura è stata trasportata direttamente sopra il sarcofago, così da evitare che gli operai venissero esposti direttamente alle radiazioni.
Il progetto, finito il 12 febbraio 2004, è stato approvato un mese dopo dal governo ucraino, ma è stato sottoposto a continue verifiche e non si sapeva precisamente quando e come sarebbe stato realizzato; nell'aprile del 2007, venerdì 27, venne dichiarato che il sito di costruzione era in fase di preparazione, ma senza specificare altro; il 17 settembre 2007 la BBC ha dichiarato che stavano proseguendo i lavori.

In principio erano previsti 5 anni per il completamento del NSC, ma la mancanza dei fondi necessari e i continui intoppi burocratici ed economici provocarono molti slittamenti nelle fasi di costruzione, dilatando i tempi di realizzazione.

Negli ultimi anni, prima del completamento della nuova struttura, si è temuto fortemente che il sarcofago del reattore nº 4 potesse cedere, anche per via delle radiazioni, che facilitavano la decomposizione dello stesso.

Il vecchio sarcofago, progettato per durare fino al 2016, è stato finalmente sostituito dalla nuova struttura il 29 novembre 2016, impedendo così che una nuova nube composta da 5 tonnellate di polveri radioattive (sulle 198 tonnellate di nocciolo radioattivo), si liberasse nell'atmosfera europea .

Conseguenze del disastro

Rilascio di materiale radioattivo e contaminazione ambientale

L'UNSCEAR nel suo rapporto del 2000 sulla base di misure di radioattività e analisi di campioni, ha stimato che il rilascio totale di radioattività nell'atmosfera, escludendo l'attività dovuta ai gas nobili, è stato pari a 5.300 PBq.
Il rapporto del Chernobyl forum, nel periodo 2003-2005, considerando la radioattività totale inclusi anche i gas nobili, arriva a una stima di 14 EBq, pari a 14 000 PBq.
Di queste, 1800 PBq sono dovute allo iodio-131 dalla emivita di 8 giorni, 85 PBq al cesio-137 di 30 anni di emivita, 10 PBq dovuti allo stronzio-90 e 3 PBq a isotopi di plutonio, che sono plutonio 239 e plutonio 240.

I più alti valori di cesio-133 si trovano sugli strati superficiali del terreno, da dove vengono assorbiti da piante e funghi e quindi entrano nella catena alimentare locale.
È risaputo che incendi possono liberare nuovamente le particelle radioattive. In particolare V. I. Yoschenko et al. documentarono il possibile incremento di mobilità del cesio, dello stronzio e del plutonio, a causa degli incendi delle foreste.
In un esperimento, vennero accesi incendi e quindi misurati i livelli di radioattività nell'aria nelle zone poste sotto vento.

Sono avvenuti incendi nell'erba e nella foresta all'interno della zona contaminata, rilasciando pulviscolo radioattivo nell'atmosfera.

Nel 1986 una serie di incendi distrusse 23,36 km² di foresta e, da allora, molti altri incendi sono scoppiati all'interno della zona dei 30 km.
All'inizio del maggio del 1992 scoppiò un grave incendio e interessò 5 km² di terreno, compresi 2,7 km² di foresta.
Questo portò a un forte incremento dei livelli di cesio nel pulviscolo atmosferico.

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Mappa della contaminazione di cesio-137 in Bielorussia, Ucraina e Russia, relativa all'anno 1986

La contaminazione provocata dall'incidente di Černobyl' non interessò solo le aree vicine alla centrale, ma si diffuse irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche, interessando soprattutto aree di Bielorussia, Ucraina e Russia.
Sempre lo stesso documento dell'UNSCEAR fa un rapporto delle aree contaminate e loro livello di contaminazione misurato sul cesio-137, riassunti nella seguente tabella e relativi alla mappa a fianco:

Livelli di contaminazione (anno 1986) di cesio-137 e aree interessate

Denominazione--Livello di contaminazione--Superficie-Popolazione residente

Area di esclusione, zone chiuse o confiscate > 1.480 kBq/m² (> 40 Ci curie/km²) 3100 km² 0 (evacuati tutti i 116.000)
Area a stretto controllo, zone di controllo permanente fra 555 e 1.480 kBq/m² (fra 15 e 40 Ci/km²) 7.200 km² 270.000
Zone di controllo periodico fra 185 e 555 kBq/m² (fra 5 e 15 Ci/km²) 19.100 km² 830.000
Aree a bassa contaminazione fra 37 e 185 kBq/m² (fra 1 e 5 Ci/km²) 200.000 km² 5,6 milioni

Fra le aree a bassa contaminazione, ve ne sono anche alcune che interessano i paesi scandinavi (Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia) e dell'Europa orientale (Bulgaria, Romania, Grecia, Moldavia, Slovenia, Austria, Svizzera, Germania e anche 300 km² in Italia).

È stato calcolato che l'incidente di Černobyl' abbia rilasciato una quantità di radiazioni pari a 400 volte a quelle rilasciate in occasione della bomba caduta su Hiroshima .
Alcuni ritengono tuttavia che altre azioni quali gli esperimenti nucleari del XX secolo abbiano liberato quantità di radiazioni ancora maggiori.

Esposizione alle radiazioni

L'Organizzazione Mondiale della Sanità nel suo rapporto del 2006 fornisce una tabella che riporta la media delle dosi effettive accumulate su un totale di 20 anni dalle popolazioni più altamente esposte alle radiazioni dovute al disastro di Černobyl':

Popolazione (anni di esposizione)-Numero-Dose ricevuta (in media) sul totale dei 20 anni *1

Liquidatori (1986–1987) (più altamente esposti) 240.000 > 100 mSv
Evacuati (1986) 116.000 > 33 mSv
Residenti nelle zone a stretto controllo (> 555 kBq/m²) (1986–2005) 270.000 > 50 mSv
Residenti nelle zone di bassa contaminazione (37 kBq/m²) (1986–2005) 5.000.000 10 – 20 mSv
Dosi medie da esposizione a fondo naturale di radiazione sul totale dei 20 anni:
Fondo Naturale di Radiazione 2,4 mSv/anno (range tipico 1-10, max > 20) 48 mSv (intervallo tipico 20-200 mSv, max > 400 mSv)
Dosi tipiche approssimate da esposizione a pratiche mediche radiologiche (per ogni pratica):
TAC completa 12 mSv
Mammografia 0,13 mSv
Radiografia del torace 0,08 mSv

*[1] Queste dosi sono addizionali a quelle dal fondo naturale di radiazione di 48 mSv.

a tabella riporta inoltre un confronto con le dosi effettive che normalmente si ricevono a causa del fondo di radioattività naturale, in media 2,4 millisievert/anno, ma che può variare da 1 mSv a 10 mSv a seconda del luogo geografico, fino in alcuni casi anche a oltre 20 mSv, per popolazioni residenti nelle aree del mondo a più alta radiazione naturale quali Ramsar in Iran (con picchi fino a 260mSv/anno), Guarapari in Brasile, Kerali in India e Yangjiang in Cina, nonché in persone residenti in fabbricati costruiti in granito.
Senza che però sia stato evidenziato in queste popolazioni un effettivo rischio per la salute.

Impatto sull'ambiente, flora e fauna

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Un maiale nato con malformazioni congenite in seguito alle mutazioni provocate dalle radiazioni, esposto nel Museo Nazionale Ucraino "Černobyl'" a Kiev

Nell'area compresa in un raggio di 10 km dall'impianto furono registrati livelli di fallout radioattivo fino a 4,81 GBq/m² .
In quest'area si trovava un boschetto (circa 4 km²) di pini che a causa delle radiazioni virò verso un colore rossiccio e morì, assumendo il nome di Foresta Rossa.
Vicine foreste di betulle e di pioppi tuttavia restarono verdi e sopravvissero. Nelle settimane e mesi successivi al disastro, nella stessa area, alcuni animali, tra cui una mandria di cavalli lasciata su un'isola del fiume Pryp"jat' a 6 km dalla centrale, morirono per danni alla tiroide dopo aver assorbito 150-200 Sv .
Su una mandria di bovini lasciata sulla stessa isola si osservò uno sviluppo ritardato, per quanto la generazione successiva risultò normale.

Numerosi studi, molti dei quali condotti in anni recenti, hanno dimostrato conseguenze negative della contaminazione radioattiva per la fauna che abita le aree maggiormente contaminate.
Tra queste conseguenze figurano la riduzione dei livelli di antiossidanti, un incremento dello stress ossidativo e del danno genetico nella rondine.

Tale incremento dello stress ossidativo conseguente all'esposizione alla contaminazione radioattiva è stato invocato per spiegare la dimostrata riduzione delle dimensioni dell'encefalo verificata su un campione di oltre 40 specie di uccelli in aree contaminate rispetto ad aree di controllo all'interno della stessa regione.
Tale riduzione delle dimensioni dell'encefalo, verosimilmente legata a una riduzione della capacità cognitive, è stata associata a una riduzione delle prospettive di sopravvivenza, e potrebbe parzialmente rendere conto della riduzione della consistenza numerica di alcune specie di uccelli, dimostrata attraverso precedenti censimenti.

Dei circa 440.350 cinghiali cacciati in Germania nella stagione venatoria, più di 1.000 sono stati trovati contaminati con livelli di radiazioni oltre i limiti permessi di becquerel, probabilmente dovuti alla radiazione residua derivante dal disastro.

Nel 2009, l'autorità norvegese per l'agricoltura ha riportato che in Norvegia 18.000 animali hanno dovuto essere nutriti con cibo non contaminato per un certo periodo di tempo prima di essere macellati in modo da garantire che la carne potesse essere poi consumata.
Anche questo era dovuto alla radioattività residua nelle piante con cui gli animali si cibano durante l'estate.

Altri effetti della catastrofe di Černobyl' sono da aspettarsi per i prossimi 100 anni, sebbene la loro gravità sia destinata a diminuire in tale periodo.

La contaminazione in Francia

La contaminazione in Francia fu oggetto di contestazioni: il professor Pierre Pellerin, responsabile della radioprotezione al ministero della salute pubblica francese , al telegiornale di TF1 sosteneva che, a causa di una corrente d'aria in senso antiorario e della scarsità di piovaschi, il territorio francese non fosse stato contaminato e che, di conseguenza, polli e patate francesi erano commestibili. Altri sostennero che il governo francese spingeva una falsa propaganda per motivi d'interesse economico .

Guardando le carte della contaminazione in Francia, effettivamente questa è stata minore e ha interessato solo la metà più orientale dello Stato, intorno a Lione, in linea con quello che dichiararono le autorità francesi dell'epoca .

La contaminazione in Scozia e Regno Unito

L'Agenzia per l'Energia Nucleare francese riporta che nel Regno Unito sono state introdotte restrizioni alla circolazione e la macellazione di 4,25 milioni di pecore nelle aree nel Sud-Ovest della Scozia, Inghilterra di Nord-Est, a Nord del Galles e Irlanda del Nord.
Ciò è dovuto in gran parte alla diffusione di cesio) relativamente mobile nel suolo torboso, ma la zona interessata e il numero di pecore contaminate si stanno riducendo in modo che, da gennaio 1994, circa 438.000 pecore erano ancora radioattive.
Nel Nord-Est della Scozia (Ma89), dove gli agnelli erano allevati su pascoli contaminati, la loro attività è scesa a circa il 13% del valore iniziale dopo 115 giorni; dopo che gli animali hanno consumato mangimi incontaminati, è sceso a circa il 3,5%. Restrizioni per la macellazione e la distribuzione di ovini e renne, inoltre, al 2002 erano ancora in vigore in alcuni paesi nordici.

La contaminazione in Italia

Le prime reazioni delle fonti ufficiali tesero a minimizzare il possibile impatto della nube radioattiva sul territorio italiano.
Durante una conferenza stampa ai primi di maggio, la rivista La Nuova Ecologia e la Lega per l'Ambiente resero invece noti dati che documentavano la presenza preoccupante di radionuclidi su molte aree del Paese.
Nei giorni successivi le autorità vietarono perciò il consumo degli alimenti più a rischio, come latte e insalata.
Il 10 maggio a Roma una grande manifestazione popolare a cui parteciparono più di 200.000 persone segnò il primo passo verso il referendum che l'anno successivo portò all'abbandono dell'energia nucleare in Italia.

L'incidente e soprattutto i ritardi da parte delle autorità italiane nel dare l'allarme in una situazione che vedeva già dalla metà degli anni settanta una crescente mobilitazione contro il nucleare, rappresentarono un punto di svolta nella storia dell'ambientalismo italiano: per il referendum del 1987 vennero raccolte in pochi mesi oltre un milione di firme, l'associazione Legambiente e il WWF raddoppiarono i soci, mentre alle elezioni politiche del 1987 i Verdi ottennero quasi un milione di voti.

Ancora oggi sono riscontrabili nell'ambiente e nei sedimenti dei fiumi alcune tracce, innocue per la salute e per l'ambiente[senza fonte], degli elementi radioattivi depositati dalla nube.

Conseguenze politiche

Il 14 maggio il presidente Michail Gorbačëv, dopo settimane di silenzio annunciò una conferenza sull'incidente in concerto con l'AIEA da tenersi a Vienna in agosto e la pubblicazione di tutte le informazioni del caso, che però rimasero secretate ai russi.
Il disastro, relativamente contenuto rispetto agli effetti di un ordigno atomico, tenne in scacco le forze armate e sociali nonché economiche del Paese, dando una dimostrazione concreta di cosa avrebbe comportato l'utilizzo di una sola bomba atomica.
L'11 ottobre 1986 Gorbačëv incontrò Reagan per trattare la questione che avrebbe portato l'8 dicembre 1987 a firmare il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces) per lo smantellamento dei missili.
La preoccupazione dell'opinione pubblica, inoltre, portò diversi paesi a rivedere le politiche energetiche basate sul nucleare.

Vittime del disastro e conseguenze sanitarie
(Maggiori info QUIII )

Allo scopo di produrre un resoconto scientifico riguardo al numero delle vittime e ai danni alla salute e all'ambiente, l'ONU ha promosso un incontro istituzionale, denominato Chernobyl Forum, al quale hanno preso parte fra gli altri l'Organizzazione Mondiale della Sanità, gli istituti superiori di sanità di Russia, Bielorussia e Ucraina, l'UNSCEAR, la IAEA, la FAO ecc. con l'assistenza di più di 100 esperti internazionali.

Dopo vari incontri, il Chernobyl Forum ha fornito un numero che risulta molto meno drammatico di quanto la sensazione collettiva si aspettasse.
In particolare, il numero delle vittime risulta essere di 65 morti accertati con sicurezza, le cause della cui morte sono così stabilite: 2 lavoratori della centrale morti sul colpo a causa dell'esplosione; 1 per trombosi coronarica; fra i 1057 soccorritori di emergenza, 134 hanno contratto la sindrome da radiazione acuta; di questi 28 sono morti nei mesi successivi, altri 19 sono morti negli anni fra il 1987 e il 2005 per varie cause non necessariamente e direttamente imputabili all'esposizione alla radiazione, anzi in molti casi sicuramente no. Fra la popolazione all'epoca di età 0-18 anni si sono registrati negli anni 1986-2005 4.000 casi di tumore alla tiroide, di cui 9 morti per degenerazione del tumore, altri 6 morti invece per cause diverse non imputabili al tumore. Infine sono da aggiungersi i 4 pompieri morti per la caduta dell'elicottero dal quale stavano spegnendo le fiamme.
A rigore dunque, anche fra i morti accertati come sicuramente dovuti al disastro, la cifra di 65 è da considerarsi in eccesso, essendo invece la cifra di 30 morti (i 2+28 riportati nel rapporto del 2000 dell'UNSCEAR) una stima per difetto, e forse più aderente alla realtà.

L'azione di sorveglianza epidemiologica condotta dagli istituti superiori di sanità di Russia, Bielorussia e Ucraina, così come anche dall'OMS, su liquidatori, evacuati e popolazione residente (5 milioni) a lungo raggio, non ha evidenziato aumento rispetto alla situazione precedente al disastro né di leucemie, né di tumori solidi altri che il tumore alla tiroide, né infine di anomalie genetiche, malformazioni congenite alla nascita, aborti spontanei o riduzione della fertilità.
Tuttavia sempre il Chernobyl Forum stima in aggiuntive 4.000 morti presunte in eccesso per leucemie e tumori su un arco di 80 anni, morti che non è stato né sarà possibile rilevare epidemiologicamente, distinguere statisticamente rispetto a fluttuazioni casuali, evidenziare rispetto alle circa 1 milione di persone che comunque sarebbero morte per malattie oncologiche per cause non legate all'incidente.
Tumori e leucemie infatti normalmente incidono in media per un 20~25% dei decessi naturali nella popolazione umana.


Personale della centrale e soccorritori

A causa dell'esplosione del reattore morirono sul colpo due lavoratori della centrale, travolti dai detriti, mentre un lavoratore morì di trombosi coronarica.
Quattro pompieri morirono in seguito alla caduta dell'elicottero appesantito dalle lastre di piombo con cui ne era stato foderato il fondo, col quale stavano scaricando cemento nel reattore.

Nelle prime ore successive all'incidente, le operazioni di emergenza per il contenimento del disastro furono a carico di circa 1057 soccorritori (emergency workers) , fra personale della centrale e del centro medico locale, forze dell'ordine e pompieri non adeguatamente equipaggiati e preparati a una tale evenienza.

Ad essi fu affidato il compito di spegnere l'incendio operando in condizioni al limite della sopravvivenza e ricevendo altissime dosi di radiazioni, al di là del fondo scala dei dosimetri di cui erano equipaggiati, ma che fu possibile stimare per mezzo degli effetti biologici patiti.

Fra lavoratori e soccorritori di emergenza, 237 furono ricoverati e su 134 di loro fu riscontrata la sindrome da intossicazione radioattiva acuta per aver ricevuto dosi di radiazioni comprese tra i due e i venti gray .
Di questi, 28 persone morirono nel 1986, nei giorni seguenti all'incidente . Inoltre altri 19 morirono nel periodo dal 1987 al 2006 , sebbene per alcuni di questi ultimi la causa della morte non possa essere con certezza direttamente attribuita all'esposizione alle radiazioni (anzi per alcuni certamente non lo è)[119].
Il numero totale delle vittime fra il personale della centrale e i soccorritori di emergenza ammonta pertanto a 50, secondo la stima massima.

Liquidatori

I liquidatori (in russo: ликвидаторы , traslitterato: likvidatory; in ucraino: ликвідатори , traslitterato: lykvidatory; in bielorusso: ліквідатары , traslitterato: likvidatary) sono i lavoratori che operarono al recupero della zona negli anni 1986-1987, con un prosieguo delle attività fino al 1990; i loro compiti furono la decontaminazione dell'edificio e del sito del reattore, delle strade nonché la costruzione del sarcofago.

In base a leggi promulgate in Bielorussia, Russia e Ucraina, 600.000 persone fra militari e civili ricevettero speciali certificati che confermavano il loro status di "liquidatori".

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Medaglia commemorativa dei liquidatori

Altre stime basate su registri nazionali parlano di 400.000 e altre ancora di 800.000 persone.
In ogni caso, fra il totale dei liquidatori, la popolazione costituita dai 226.000 ~ 240.000 che operarono nella zona in un raggio di 30 km e negli anni 1986 e 1987 è quella che ricevette la dose di radiazioni più critica. Questa popolazione ricevette una dose media di 62 millisievert e fino a 100-110 millisievert (fra i militari) .
Il resto entrò nella zona per residue operazioni di bonifica due anni dopo l'incidente in presenza di un livello di radiazioni molto più basso, o lavorarono in zone oltre i 30 km.
Tutti i soccorritori e i lavoratori sapevano di rischiare conseguenze sanitarie, anche perché in larga parte non erano equipaggiati di tute protettive adeguate ma solo di maschere e guanti.
Per mantenere basso il livello di radiazioni assorbite furono stabilite turnazioni brevissime nei lavori.
In diversi casi, tuttavia, come mostrato da alcune registrazioni tra gli elicotteristi e le centrali operative, i militari sovietici rifiutarono volontariamente l'avvicendamento, che avrebbe potuto metterli al riparo dai rischi delle radiazioni, e spesso questo accadde apertamente contravvenendo agli ordini.

Evacuati

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Casa nei pressi di Pryp"jat' abbandonata dopo il disastro di Černobyl'

Dalla notte del 27 aprile fino al settembre del 1986, un totale di 116.000 abitanti (inclusi tutti i 50.000 abitanti della vicina città di Pryp"jat') furono evacuati dalla zona di esclusione (contaminazione maggiore di 1480 kBq/m² ovvero 40 Ci/km² di cesio-137) e in parte anche dalla zona a stretto controllo, in un raggio di 30 km e oltre. 220 000 altri abitanti furono trasferiti altrove negli anni successivi.

Tumori

Dopo l'incidente tra la popolazione locale è aumentata l'incidenza del tumore alla tiroide, tra i soccorritori è anche aumentata l'incidenza di cancri solidi; tuttavia, fra la popolazione civile non si è avuto un aumento di cancri non tiroidei.

Tumori alla tiroide fra la popolazione di età 0-18 anni al 2009

I registri oncologici di Bielorussia, Russia e Ucraina, insieme a studi epidemiologici basati su altre fonti, hanno evidenziato un incremento drammatico dell'incidenza del tumore alla tiroide nella popolazione all'epoca dell'incidente in età 0-18 anni residenti nelle aree di Bielorussia , Russia e Ucraina colpite dal disastro.

Fino al 2002 sono stati registrati più di 4000 , fino quasi a 5000 casi di tumore alla tiroide in questa popolazione, con un incremento anche fino a 10 volte rispetto al periodo precedente il disastro.
La maggior parte di questi 4000 tumori alla tiroide sono senza alcun dubbio da attribuirsi all'assunzione di iodio-131 avvenuta nei giorni immediatamente successivi al disastro.
Lo iodio-131 è infatti un isotopo con tempo di dimezzamento relativamente breve di 8 giorni.
La fascia di popolazione più colpita fu la più giovane a causa della maggiore assunzione quotidiana dello iodio in bambini e adolescenti, soprattutto attraverso il consumo di latte dove lo iodio-131 era presente. L'assorbimento di radiazioni conseguente fu stimato essere fino anche a 50 gray, ma con una media nelle zone contaminate di 0,03 gray fino a qualche gray.
Fra l'altro, le dosi di iodio-131 alla tiroide nella popolazione infantile di Pryp"jat' fu notevolmente ridotta grazie alla somministrazione terapeutica di iodio non radioattivo.
Se questa profilassi fosse stata seguita ovunque nelle aree colpite dal disastro, il numero di casi sarebbe stato notevolmente inferiore.

I tumori tiroidei infantili che sono stati diagnosticati sono per lo più carcinomi papillari di un tipo più aggressivo di quello classico.
Se diagnosticati prima che raggiungano uno stadio troppo avanzato, questi tumori possono essere curati mediante intervento chirurgico, solitamente seguito da terapia specifica.
La probabilità di guarigione nel tumore alla tiroide è normalmente del 90%. Ad oggi, sembra che il 99% dei casi diagnosticati nelle regioni interessate di Russia, Bielorussia e Ucraina siano stati curati con successo, la ragione di questa minore mortalità dei tumori correlati a Černobyl' è facilmente individuabile nel fatto che mentre la mortalità media è calcolata su casi diagnosticati a vari stadi di progressione della malattia, perché per scoprire un tumore alla tiroide occorrono esami che normalmente non si fanno se non a causa della presenza già rilevata di sintomi, la mortalità specifica per le zone di Černobyl' è quella su una popolazione che è stata subito controllata per questo specifico rischio (essendoci stato un incidente ed essendo nota la pericolosità dello Iodio 131) e quindi ha avuto praticamente solo diagnosi di tumori al primo stadio di progressione, e quindi ancora più facilmente curabili.
Il numero totale fino al 2002 di vittime del tumore alla tiroide è di 15 morti.

Sulle stime dell'incidenza del tumore alla tiroide ci sono discordanze col rapporto ufficiale.
Fonti della Clinica e Policlinico di Medicina Nucleare dell'Università di Würzburg, parlano di 15.000 casi di tumore alla tiroide in Bielorussia, Ucraina e Russia Orientale, dal 1986 ai prossimi 50 anni.

Popolazione residente in zone a largo raggio a bassa contaminazione

I circa 5 milioni di persone residenti in zone a largo raggio a bassa contaminazione (fra 37 e 185 kBq/m² ovvero fra 1 e 5 Ci/km²) hanno ricevuto dosi di radiazioni relativamente modeste. In media 10-20 mSv su un totale di 20 anni dal 1986 fino al 2006 secondo il rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità .
Da confrontare con la dose assorbita dovuta al fondo di radioattività naturale che è normalmente di 48 mSv su 20 anni (con picchi fino a 260 mSv all'anno nella città di Ramsar in Iran).

Di fatto, studi epidemiologici condotti dagli istituti superiori di sanità di Russia, Bielorussia e Ucraina e indipendentemente dall'Organizzazione Mondiale della Sanità non hanno evidenziato alcuna variazione di rilievo, rispetto al periodo precedente al disastro, del tasso di incidenza di leucemie e tumori solidi (altri che tumori alla tiroide) e del tasso di decessi per queste malattie .
Non è stato cioè possibile registrare aumenti vistosi, variazioni chiaramente distinguibili da fluttuazioni casuali, dei decessi dovuti a queste patologie rispetto alla media considerata "normale" di incidenza, che è di circa il 25% di decessi nella popolazione umana.

Tuttavia, studi di Agenzie specializzate dell'ONU e le conclusioni del Chernobyl Forum arrivano a stimare in 4.000~5.000 presunti decessi aggiuntivi per tumori e leucemie sull'arco degli 80 anni successivi al disastro, da sommarsi al 25% di quei 5 milioni della popolazione presa in esame, cioè 1,2 milioni di persone che comunque morirà per malattie oncologiche per cause non legate all'incidente.
Le 4.000~5.000 vittime presunte rappresentano meno dell'1% del totale, percentuale troppo piccola su un arco di 80 anni per essere chiaramente osservabile, distinguibile statisticamente rispetto a fluttuazioni casuali.

L'altro studio di Greenpeace sostiene invece che il valore di 4.000~5.000 decessi aggiuntivi è in forte sottostima.

Sterilità, aborti, complicazioni nel parto e malformazioni congenite

A causa delle basse dosi di radiazioni (10–20 mSv) alle quali la popolazione delle regioni intorno a Černobyl' è stata esposta, secondo il rapporto del Chernobyl Forum , non c'è nessuna evidenza e neanche alcuna probabilità di osservare una riduzione della fertilità sia in individui maschi sia nelle femmine come risultato dell'esposizione alle radiazioni.

È anche fortemente improbabile che così basse dosi di radiazioni possano comportare un aumento di aborti spontanei, complicazioni nelle gravidanza e nel parto o nella salute dei neonati.
Il registrato diminuito tasso di nascite sembra dovuto piuttosto alla preoccupazione di avere figli dimostrata dall'aumento di aborti volontari.

Si è registrato un modesto incremento delle malformazioni congenite in Bielorussia, ma questo in modo uguale in aree contaminate e in aree a contaminazione assente , fatto questo che si spiega meglio con un'aumentata attenzione di registrazione epidemiologica piuttosto che con un effettivo aumento dovuto all'esposizione alle radiazioni.

Effetto nel tempo dell'esposizione a basse dosi di radioisotopi

Il portale Humus dice che il professor Bandažėŭski in 240 lavori di ricerca, "dimostra l'effetto nel tempo dell'esposizione continua a piccole quantità e basse dosi di radioisotopi, soprattutto del Cesio 137 a livello miocardico", , chiamata "cardiopatia da ingestione di cesio" .
Il veicolo di questo lento assorbimento è il cibo e Bandažėŭski segnala la pericolosità del cibo bielorusso.

Impatto sociale

Il Chernobyl Forum così come le associazioni ambientaliste sono concordi nell'affermare che il disastro di Černobyl' ha avuto un impatto sociale enorme ed ha causato gravi problemi di salute mentale e conseguenze psicologiche persistenti sulla popolazione coinvolta.
La deportazione forzata e quasi immediata di circa 300 000 persone e la rottura di tutte le relazioni sociali precostituite sono state gravemente traumatiche e hanno prodotto elevato stress, ansie, paure circa eventuali effetti sulla salute, depressione, includendo anche sintomi fisici da malattie psicosomatiche e da stress post-traumatico.
La diminuzione della qualità di vita in questa popolazione, la disoccupazione e l'aumento della povertà, complicate ulteriormente dai contemporanei eventi politici legati al crollo dell'Unione Sovietica, hanno avuto come conseguenza un elevatissimo aumento dell'alcolismo, della tossicodipendenza, dei suicidi e di comportamenti contrari a ogni profilassi quali l'uso di siringhe infette e di rapporti sessuali non protetti, con conseguente aumento dei casi di epatiti e AIDS, oltre che di tubercolosi e difterite .
Una grande responsabilità di questo fatalismo senza speranze sembra essere dovuta soprattutto ai mass media ma anche alle associazioni ambientaliste che hanno soprattutto insistito nel definire questa popolazione come vittime del disastro di Černobyl', instillando negli individui la percezione di essere fatalisticamente condannati, senza speranze e alcun futuro, [la fonte citata non riporta quanto qui affermato, che quindi appare una opinione personale dell'autore wiki] inviando continuamente in visita in maniera capillare ed organizzata nelle città dei paesi occidentali i cosiddetti "bambini di Černobyl'" anche per decenni dopo l'evento ossia quando questi bambini presentati ufficialmente come "di Černobyl'" erano addirittura nati dopo l'incidente e quindi non potevano nemmeno averne subito eventuali conseguenze .
Le raccomandazioni fornite nel rapporto dell'OMS vanno nel senso di cercare di ridurre questo carico psicologico sulle popolazioni coinvolte grazie ad un rinnovato sforzo di fornire una informazione corretta sugli effettivi rischi per la salute dovuti alle radiazioni.

Stime recenti

In tutto il 2010, secondo il Center for Russian Environmental Policy di Mosca e l'Institute of Radiation Safety di Minsk, Bielorussia, pubblicato dalla New York Academy of Sciences, il conto della mortalità totale è di 1 milione di persone.
Una recensione di una rivista scientifica ha messo fortemente in dubbio le basi dello studio russo.

Secondo alcuni documenti recentemente desecretati, i livelli normali di radiazione assorbita dalla gente, sarebbero stati alterati per farli rientrare nella norma.

Responsabilità civile e penale

Responsabilità penale
Secondo la tesi che attribuiva la responsabilità interamente agli operatori dell'impianto, si tenne nell'agosto 1986 un processo a porte chiuse e svariati provvedimenti disciplinari a carico del personale e di alcuni dirigenti, che hanno condotto a 67 licenziamenti e 27 espulsioni dal partito comunista.

Dieci anni di lavori forzati per l'imputazione di "negligenza criminale" , vennero dati a Viktor Brjuchanov , direttore della centrale nucleare e a Nikolaj Fomin, ingegnere capo, 5 anni per "abuso di potere" a Anatolij Djatlov, vicecapoingegnere e a Boris Rogožkin, capo della vigilanza notturna, 3 anni a Aleksandr Kovalenko, supervisore del reattore 4, 2 anni per Jurij Lauškin, ispettore nella centrale nucleare della compagnia Gosatomnadzor.

La tesi del 1991 invece attribuì la responsabilità interamente ai progettisti, vale a dire al capo progettista della centrale Viktor Brjuchanov e agli esecutori dei difetti strutturali eseguiti con l'avallo di V. T. Gora e del responsabile del gruppo di costruzione, Ju. L. Matveev.

Responsabilità civile
Nelle cause civili 7 milioni di persone hanno ricevuto un risarcimento. Attualmente dal 5% al 7% della spesa pubblica in Ucraina e Bielorussia sono spese per varie forme di risarcimento correlate a Černobyl'.

Il professor Pierre Pellerin è stato citato in giudizio da 500 persone francesi, affette da malattie ufficialmente legate alle radiazioni di Černobyl', dopo aver mangiato prodotti di latte contaminati dalla radioattività.

Černobyl' dopo l'incidente

I problemi alla centrale di Černobyl' non finirono con il disastro avvenuto nel reattore nº 4.
Il governo ucraino continuò a mantenere operativi i tre reattori rimanenti a causa della scarsità di energia elettrica nel paese.
Nel 1991 divampò un incendio nel reattore nº 2; in seguito le autorità lo dichiararono danneggiato irreparabilmente e fu dismesso.
Il reattore nº 1 fu decommissionato nel novembre 1996 nell'ambito di accordi stipulati tra il governo ucraino e le organizzazioni internazionali come l'AIEA.
Il 15 dicembre del 2000, con una cerimonia ufficiale, il presidente ucraino Leonid Kučma premette personalmente l'interruttore per lo spegnimento del reattore nº 3, cessando definitivamente ogni attività nell'intero impianto.

Necessità di future riparazioni

Le repubbliche di Ucraina, Bielorussia e Russia, sono tuttora gravate dagli ingenti costi di decontaminazione e le popolazioni delle aree contaminate subiscono gli effetti dell'incidente.

Il primo sarcofago non fu un contenitore permanente e duraturo per il reattore distrutto a causa della sua affrettata costruzione, spesso eseguita a distanza con l'impiego di robot industriali.
Il progetto originario aveva considerato una durata massima del sarcofago di 30 anni, in quanto esso era stato previsto solo come misura di emergenza temporanea per dare il tempo di realizzare una struttura permanente.

Nonostante venissero periodicamente eseguiti dei lavori di ristrutturazione e consolidamento, l'edificio stava invecchiando.
La presenza di crepe nella struttura ne stava accelerando il deterioramento permettendo le infiltrazioni di acqua.
Inoltre l'edificio non venne costruito su solide fondamenta, perciò ancora oggi sprofonda lentamente nel terreno deformandosi.

Il 30 novembre 2016, a 30 anni dal disastro, è stata ultimata la costruzione del nuovo sarcofago di acciaio, con il relativo posizionamento.
La nuova struttura è progettata per durare altri 100 anni.

Il 7 aprile 2020 è scoppiato il più grave incendio della foresta circostante che si sia mai registrato dal giorno del disastro nucleare.
Le fiamme sono arrivate in prossimità della centrale, mentre Kiev è diventata la prima città al mondo per la contaminazione radioattiva dell'aria, che le forti correnti hanno diffuso anche in Italia, Balcani e Francia (a livelli meno critici).




Il disastro nella cultura di massa
Cinema e televisione

The Bell of Chernobyl è un film documentario russo del 1987, realizzato a solo un anno di distanza dal disastro di Černobyl'.

Chernobyl - Un grido dal mondo è un film tv del 1991, che narra le vicende della catastrofe di Černobyl' e di un medico americano, che cerca di aiutare i russi nonostante i dissensi che vigono fra le due potenze.

Black Wind, White Land è un film documentario del 1993, basato sugli effetti postumi al disastro di Černobyl' riscontrati sui popoli di Bielorussia, Ucraina e Russia.

Chernobyl Heart (Cuore di Černobyl') è un cortometraggio documentario del 2003, che racconta gli effetti postumi alla catastrofe dell'1986, sui i bambini che vivono in Ucraina e Bielorussia. L'opera è stata premiata come miglior cortometraggio documentario ai Premi Oscar del 2004.

Nel 2006 esce il film documentario La battaglia di Chernobyl di Thomas Johnson.

White Horse (Cavallo Bianco) è un cortometraggio del 2008, incentrato sul ritorno di un uomo in Ucraina, suo paese natale, vent'anni dopo il disastro di Chernobyl.

Alcune sequenze del film Transformers 3 del 2011, sono ambientate nella centrale di Černobyl'.

Il film horror Chernobyl Diaries - La mutazione del 2012 è ambientato nell'area contaminata della città, e ha suscitato polemiche per la scelta della zona colpita dal disastro come teatro di un'opera di genere .

Il film Die Hard - Un buon giorno per morire del 2013 è ambientato in Russia e la storia verte attorno alla centrale di Černobyl'.

La 3ª puntata della 21esima stagione di Top gear ha come scenario della sfida finale il sito del disastro nucleare.

Nel 2015 esce il film documentario Il complotto di Chernobyl - The Russian Woodpecker, che narra le vicende dell'incidente di Černobyl' e i suoi possibili legami con la Duga.

Nel 2019 l'emittente televisiva statunitense HBO produce la miniserie Chernobyl, dove vengono narrati i giorni ed i mesi successivi all'incidente nucleare. La serie TV è tratta da Preghiera per Černobyl'.

Musica
Il videoclip ufficiale del brano Sweet People, cantato all'Eurovision Song Contest 2010 dalla cantante ucraina Alyosha, è stato in parte girato a Pryp"jat'.

Anche i pionieri della musica elettronica, i Kraftwerk, citano Černobyl' nel brano Radioactivity, nella versione contenuta nell'album The Mix del 1991, oggi suonata ai loro concerti. Oltre alla località ucraina teatro di uno dei più gravi incidenti nucleari vengono nominate Sellafield, Harrisburg, Hiroshima e, attualmente, anche Fukushima.

A Pryp"jat', la città più vicina al disastro nucleare, è girata una parte del video della canzone Marooned dei Pink Floyd.
Il video viene pubblicato il 30 giugno 2014 per festeggiare il 20º anniversario della pubblicazione della canzone (1994), contenuta nell'album The Division Bell.

Nell'album "Slow Dismemberment", della band thrash metal Nuclear Aggressor, è presente il brano "Chernoblast" (dalla fusione delle parole "Chernobyl" e "blast", esplosione). Il testo racconta il disastro in chiave scientifica e drammatica.

La copertina dell'album Escape From Heart del rapper italiano Madman rappresenta la città di Prip"jat' dopo il disastro.

"Sognando Chernobyl" è il titolo di una canzone di Adriano Celentano che parla dei danni all'ambiente ed alla società causati dall'uomo.

Il brano Resta dei Litfiba, prima traccia dell'album 17 re, è ispirato al disastro di Černobyl'.

Videogiochi

Il videogioco d'azione S.T.A.L.K.E.R.: Shadow of Chernobyl, con i suoi seguiti S.T.A.L.K.E.R.: Clear Sky e S.T.A.L.K.E.R.: Call of Pripyat, è ambientato nella stessa zona attorno a Chernobyl dopo più di 20 anni dal disastro nucleare, ed è ispirato in parte ad esso. Il titolo del videogioco si ispira al film fantascientifico Stalker (1979), di Andrej Tarkovskij, su una zona evacuata ed interdetta della campagna russa.

Nel videogioco di guerra Call of Duty 4: Modern Warfare, le missioni All Ghillied Up ("Mimetizzazione perfetta") e One Shot, One Kill ("Sicario infallibile") sono ambientate nell'ormai distrutta Černobyl'. Inoltre si può anche vedere il sarcofago del reattore esploso, il nº 4.

Nel videogioco Warface, una campagna PVE è ambientata nei luoghi più famosi della città: è possibile infatti vedere alcune abitazioni, la piscina, l'asilo, la ruota panoramica e un'ambientazione futuristica del sarcofago.
 
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