+Dark & Gothic Lolita+

Peter Plogojowitz: IL CALZOLAIO DELLA SLESIA

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 9/3/2008, 14:59
Avatar

++**La Dix Croix**++

Group:
Administrator
Posts:
63,209
Location:
*+From the Gothic Mana's Castle+*

Status:


Peter Plogojowitz: il calzolaio della Slesia

uKQ1zpU

Uno dei racconti piu' famosi della storia vampirica e non.
Conosciuto e tramandato nel corso delle epoche...


credits: Google,wikipedia, POL forum

Peter Plogojowitz (in serbo: Petar Blagojević/Петар Благојевић; ... – 1725) è stato un contadino serbo che si riteneva fosse diventato, dopo la morte, un vampiro, ed avesse ucciso nove suoi compaesani.
Il suo è uno dei primi, più sensazionali e meglio documentati, casi di suggestione circa i vampiri.
Viene descritto nei resoconti del Vicario Imperiale Frombald, ufficiale dell'amministrazione austriaca, che presenziò alla dissepoltura del cadavere di Plogojowitz effettuata allo scopo di trafiggerlo con un paletto.

Il caso

Peter Plogojowitz visse in un villaggio chiamato Kisilova (probabilmente l'attuale Kisiljevo/Кисиљево), vicino alla città di Veliko Gradište/Велико Градиште, nella parte nord orientale della Serbia centrale, nel periodo in cui quella parte dell'impero ottomano passava nelle mani asburgiche, con il trattato di Passarowitz del 1718, per essere successivamente riceduta agli Ottomani col trattato di Belgrado del 1739.
Alla sua morte, avvenuta nel 1725, seguirono molte altre morti improvvise, che sopraggiungevano dopo malattie molto brevi, al massimo di 24 ore. Nell'arco di otto giorni, perirono nove persone, che poco prima di morire avevano dichiarato di essere state prese per la gola da Plogojowitz.

Inoltre sua moglie dichiarò che era venuto a trovarla per chiedere le sue opanak (tipiche scarpe serbe), cosa che la fece decidere a trasferirsi in un altro villaggio. Secondo altre leggende Plogojowitz era ritornato a casa per chiedere del cibo al proprio figlio, che uccise brutalmente quando questi glielo rifiutò.

Gli abitanti del villaggio decisero di disseppellire il corpo per ricercarvi segni di vampirismo, come la crescita dei capelli, della barba e delle unghie dopo la morte e l'assenza di segni di decomposizione. Chiesero che il Vicario Imperiale Frombald, assieme a un prete, presenziasse a tale verifica, come rappresentante dell'amministrazione.
Frombald tentò di convincerli della necessità di acquisire preventivamente il permesso dall'autorità austriaca di Belgrado, ma i cittadini di Kisilova temevano che nel frattempo l'intera loro comunità sarebbe stata sterminata dal vampiro, cosa che sostenevano fosse già successa durante il "periodo turco" (vale a dire quando il villaggio era stato sotto il controllo dell'impero ottomano).
Chiesero quindi a Frombald di rilasciare egli stesso una immediata autorizzazione, minacciando di abbandonare in massa il villaggio se ciò non fosse avvenuto.
Frombald dovette così acconsentire.
Assieme al prete di Veliko Gradište, vide il corpo già esumato, in cui si stupì di riscontrare effettivamente i segni che la gente del posto qualificava come quelli di un vampiro. Il corpo non era decomposto, capelli e barba erano cresciuti, aveva nuova pelle e nuove unghie (le vecchie si erano staccate) ed era presente del sangue nella sua bocca. La gente, che appariva "più offesa che intimorita”, gli conficcò un paletto nel cuore, cosa che provocò la fuoriuscita di "sangue fresco" dalla bocca e dalle orecchie del cadavere, e infine lo bruciò.
Frombald concluse il suo rapporto chiedendo che, nel caso in cui fosse stato riscontrata l'illegittimità di tali azioni, potesse essere escluso dalla punizione, perché i "cittadini erano fuori di loro dalla paura".
Le autorità, apparentemente, non assunsero alcuna decisione contro l'episodio, il cui resoconto è uno dei primi documenti che testimoniano le credenze sui vampiri dell'Europa orientale.

Il resoconto fu pubblicato sul viennese Wienerisches Diarium, l'attuale Die Wiener Zeitung. Assieme a quello molto simile su Arnold Paole del 1726-1732, venne tradotto e diffuso a nord e ad ovest, contribuendo alla fobia dei vampiri che nel XVIII secolo si sviluppò in Germania, in Francia ed in Inghilterra. Lo strano fenomeno di cui l'ufficiale austriaco era stato testimone è oggi noto come un processo che può manifestarsi nel naturale processo di decomposizione dei corpi.


Ecco alcune parti salienti del racconto di More fornito dal Barber (1994, pagg. 25-30):

«Nell'anno 1591, il venti settembre, un venerdì, il mattino presto nel giardino dietro la sua casa, un facoltoso calzolaio della città di Breslau si tagliò la gola, per quale ragione non è dato di sapere (...). Ma perché tutto rimanesse segreto e non si sapesse nulla del suicidio, i familiari pagarono un'anziana donna per lavare il corpo, che aveva perso sangue, e ricucire la ferita così strettamente da renderla invisibile (...). Dopo tre giorni -era domenica - fu sepolto con grandi cerimonie, come gli uomini più eminenti. E gli fu dedicato un discorso funebre come se avesse condotto una vita santa e senza peccato, e fosse stato un cristiano modello (...). Si sparse però la voce che l'uomo si fosse ucciso (...) Il Consiglio, visto che le testimonianze si accumulavano, considerò cosa si dovesse fare (...). Alcuni amici della vedova la persuasero a non permettere a nessun costo che il corpo del marito fosse disseppellito, o posto in luogo sconveniente o trattato come quello di uno stregone o di un suicida (...). Nel frattempo di tanto in tanto uno spettro faceva la sua apparizione, con le sembianze del calzolaio da vivo, durante il giorno come di notte (...). Poiché lo spettro appariva subito dopo il calar del sole, e poiché non risparmiava nessuno, tutti si guardavano attorno di continuo, temendo di vederlo (...). Poiché il clamore suscitato si faceva più forte di giorno in giorno, e l'intera città confermava l'accaduto, il Consiglio decise di fare qualcosa per scacciare lo spettro. Il corpo era sotto terra da quasi otto mesi, dal 22 settembre 1591 al 18 aprile 1592, quando la tomba fu aperta per ordine superiore (...). Trovarono il corpo intero e non intaccato dal disfacimento, ma gonfio come un tamburo, e a parte questo nulla era cambiato e le membra erano ancora tutte attaccate insieme. Esse non erano - fatto notevole - irrigidite come quelle delle persone morte, ma si potevano muovere con facilità. La pelle dei piedi si era sfaldata, e ne era cresciuta un'altra (...) si notava inoltre alcun fetore, a parte il fatto che il sudario in cui era avvolto mandava un odore repellente (...). Il corpo fu sorvegliato giorno e notte nella sua bara (...). E tuttavia l'esumazione non servì a nulla: lo spettro, che avevano sperato di scacciare con questo mezzo, ancor più era causa di veglie notturne (...) Ma nel breve lasso di tempo fra il 24 aprile e il 17 maggio il corpo aveva messo su molta carne, cosa che poteva constatare chiunque ricordasse com'era prima. Per questo motivo (...) gli tagliarono la testa, gli smembrarono le mani e i piedi, dopodiché la schiena venne squarciata e gli fu estratto il cuore, che appariva in buone condizioni, come quello di un vitello appena macellato. Tutto ciò venne bruciato su una pira (...). Ma perché nessuno raccogliesse le ceneri o le ossa e ne facesse dei malefici, come di solito accade, le guardie non lasciarono avvicinare alcuno. Il mattino presto, quando la pira si fu consumata, le ceneri, in un sacco, furono gettate nell'acqua corrente, e con questo, e con l'aiuto di Dio, lo spettro fu allontanato e mai più rivisto».

Questa vicenda propone un classico esempio di revanant, anche se effettivamente non sono presenti tutti i segni tipici del vampirismo: manca, ad esempio, quello classico delle aggressioni alle vittime per succhiare loro il sangue.
In effetti però la descrizione del cadavere, e così come fu rinvenuto dai membri del Consiglio cittadino, e quindi le pratiche atte a distruggerlo, possono essere considerate indicative, poiché tipiche nella lotta contro i vampiri e ricorrenti nelle fonti a partire dal XVIII secolo.

Un fatto singolare presente nelle notizie fornite dal More, riguarda l'attenzione rivolta alle ceneri e alle ossa, poiché ambite dalle streghe e dai negromanti per le loro pratiche di magia nera. Si tratta di un dato interessante scarsamente presente nel folclore sul vampirismo, in cui effettivamente il rapporto tra il non morto e l'universo della stregoneria non risulta evidenziato e attivo.

(Tratto Da: Il vampirismo, Massimo Centini (Xenia edizioni, pagg. 46-47-48)


Approfondimenti: La storia di Peter Plogojowitz

Uno dei casi più emblematici, che compare in tutti i testi di vampirologia, è quello relativo alla "storia di Pietro Plogojowitz".
Il resoconto originale venne pubblicato per la prima volta il 21 luglio del 1725 sulla rivista Das Wienerischen Diarium da parte di un vicario imperiale austriaco, tale Fromann.
Il resoconto di Fromann venne riprodotto nella seconda edizione del 1728 della Dissertatio historico-critica de Masticationae mortuorum in tumulis del teologo tedesco Michael Ranft (o Ranfft).
Fino a questo punto la storia, così come venne raccolta da Fromann, non subì nessun cambiamento.
Successivamente venne tradotta in altre lingue (francese e tedesco) ed inevitabilmente modificata e abbellita.
In certi casi addirittura parafrasata.
Il linguaggio di Fromann è quello proprio della burocrazia del tempo, pertanto molto ossequioso verso le autorità superiori e piuttosto asciutto nell’esporre gli eventi.
Barber (1988) riporta l’intera storia (traducendola in inglese), traendola da Rudolf Grenz (1967).

Il villaggio di Kisilova (o Kisolova, o Kisilovo) dove si colloca la storia non è in Ungheria, come affermano successivi Autori (A.Calmet, Marquis d’Argens), ma in Serbia (Yovanovich, 1911).
Esso è a pochi Km dell’attuale paese di Bačko Gradište (corrispondente al paese di Gradisk, nominato nel racconto), nella Vojvodina a circa 90 Km Nord-Ovest da Belgrado.

Dopo dieci settimane dalla morte di Plogojowitz (non sappiamo chi fosse e di che cosa morì) perirono, nella prima settimana, nove persone (giovani e anziane) in sole ventiquattr’ore.
Prima di morire esse però dichiararono pubblicamente che Plogojowitz era "venuto da loro nel sonno, si era coricato su di loro e li aveva soffocati, così che avevano dovuto soggiacere allo spettro".
Si noti bene che le caratteristiche con le quali si manifesta Plogojowitz sono del tutto coincidenti con quelle dell’incubo notturno.
È verosimile ritenere che la causa scatenante di questi incubi (scambiati per spettri) fosse da imputare alle condizioni dei malati, che benché gravi riuscirono ugualmente a narrare le loro paurose avventure.
Dal momento che la sgradita visita di Plogojowitz è narrata dai nove moribondi, si deve necessariamente dedurre che la frase "avevano dovuto soggiacere allo spettro" può solo significare che i poveretti erano convinti di avere subito qualche imposizione dall’incubo persecutore.
La paura fu tale che lo spettro accelerò la loro morte, ma non la causò direttamente. Come abbiamo visto costoro ebbero il tempo di narrare a parenti e ad amici le loro vicissitudini.

Siamo solo agli inizi della vicenda, ma già analizzando una delle tanti varianti della storia (Calmet, 1756 ediz. ital.), ecco cosa leggiamo: "Costui (Plogojowitz) apparve di notte al alcuni paesani mentre dormivano, e tanto strinse loro la gola, che in ventiquattr’ore morirono".

Calmet sposta gli avvenimenti nelle ore notturne, per rendere la storia più cupa e suggestiva. Plogojowitz è inoltre direttamente responsabile della morte delle nove persone, mediante strangolamento.
Stranamente lo stesso Barber (1988), pur riportando la storia originale di Fromann, la commenta in questo modo: "È tipico che, quando il vampiro è del genere deambulatorio – come il vampiro jugoslavo – appaia alla vittima di notte e la strangola o le succhi il sangue.
In ogni caso, la vittima spesso lamenta una sensazione di soffocamento prima di morire".

Le conclusioni di Barber sono arbitrarie, al pari di quelle di Calmet. Fino a questo punto della narrazione possiamo solo affermare che Plogojowitz ebbe la sfortuna di essere il primo a morire di una malattia misteriosa e di avere, per questa semplice ragione, favorito la successiva morte di altre nove. Si noti bene favorito, non materialmente eseguito.

In ogni caso viene sottolineata una credenza, diffusa in molte parti, che la prima persona a morire è ritenuta responsabile delle morti successive. È un modo alquanto elementare di trovare una giustificazione ad una improvvisa epidemia.

La storia di Plogojowitz pone bene l’accento sulle caratteristiche fisiche del morto che ritorna dalla tomba.
Fromann dice chiaramente che tali individui sono dagli abitanti del villaggio chiamati vampiri (Fromann usa il termine vanpir).
Il termine viene così introdotto per la prima volta nella lingua tedesca.
I segni del vampiro sono i seguenti: "corpo non decomposto, la pelle, i capelli, la barba e le unghie che continuano a crescere".

Dopo non poche difficoltà burocratiche, Fromann e il pope di Gradisk accettano di analizzare il corpo di Plogojowitz, da poco esumato.
Ciò che essi possono osservare è: assenza di odore di morte, il corpo, eccetto il naso, è fresco in tutto e per tutto, i capelli, la barba e le unghie sono cresciuti, la vecchia pelle, dal colore biancastro, si è staccata e una nuova emerge al di sotto di essa; viso, mani, piedi e l’intero corpo hanno un aspetto vitale.

A questa caratteristiche, che sono più che sufficienti per stigmatizzare il morto come un vampiro, se ne aggiunse un’altra, che destò "meraviglia" agli occhi di Fromann (quindi doveva essere insolita anche per il resto degli osservatori).
Il cadavere presentava sulle labbra del sangue fresco.
È evidente che solo a questo punto gli astanti pensarono che questo sangue poteva essere stato succhiato alle nove persone malate, uccise da Plogojowitz.
La citazione esatta è la seguente: "Non senza meraviglia, vidi sulle sue labbra del sangue fresco, che, secondo l’opinione generale, aveva succhiato alle persone da lui uccise".

Le nove persone ammalate non dichiararono che lo spettro succhiò loro il sangue.
Se ciò fosse accaduto sicuramente l’avrebbero detto.
L’associazione vampiro/succhiatore di sangue nasce quindi da una successiva e insolita caratteristica del morto (non ritenuto tale): la presenza di sangue sulle labbra.
Un tale fenomeno osservato dalle persone di quel tempo non poteva portare che ad un’unica spiegazione.
Il morto/non morto era in grado di succhiare il sangue ai vivi.

Sullo stato del cadavere esumato anche Calmet riporta sostanzialmente le stesse cose riferite da Fromann e riprese integralmente da Ranft.
Egli però omette una cosa importante: non dice che la presenza del sangue sulle labbra destò meraviglia.
L’omissione di questa parola stravolge tutto il contesto, in quanto sembra dare per scontata una caratteristica del vampiro serbo, che in realtà non lo era.

La cruenta fase finale dell’esorcizzazione del vampiro è descritta sostanzialmente nello stesso modo da Fromann e da Calmet. Essa consistette nel trafiggere con un paletto appuntino il cuore del vampiro e nella successiva combustione del cadavere, fino a ridurlo in cenere.

gr1WBwW



Edited by Valene - 14/11/2019, 17:31
 
Web Contacts  Top
0 replies since 9/3/2008, 14:59   1646 views
  Share