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La leggenda di "Cola Pisci" o Colapesce

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view post Posted on 25/4/2010, 18:09
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La leggenda di "Cola Pisci"

cola-pesce

Nel Medio Evo non vi sono particolari testimonianze su attività subacquee dell'uomo, tranne la leggenda di Colapesce.

Gli unici riferimenti che gli scrittori dell'epoca (da Olao Magno a poeti oscuri del XII secolo fino al fiorentino Brunetto latini, XIII secolo) hanno tramandato si basano su testi e illustrazioni incentrate su mostri marini di ogni genere, come cani marini, draghi, serpenti, monaci pesci e piovre terrificanti.
L'uomo che diventa pesce per necessità o per scelta
Alla ricerca di labili segni di vita attraverso leggende, racconti, note,
affinità, ricerche, ricordi, fatti, testimonianze, compagnie, amicizie, sogni e rumori..


La leggenda napoletana


Nella tradizione napoletana Cola (Nicola) Pesce o Pesce Nicolò è un ragazzo maledetto dalla madre per le sue continue immersioni. Finisce per diventare esso stesso pesce e a squamarsi. Cola cercava rifugio nel mare, usando il corpo di grossi pesci dai quali si faceva inghiottire, per uscire all'arrivo tagliandone il ventre.

La leggenda trae origine dal culto tardo pagano dei figli di Nettuno, ossia dei sommozzatori dotati di poteri magici, in grado di trattenere il respiro in apnea per poterne carpire i tesori e i segreti. Essi, accoppiandosi con misteriosi esseri marini (probabilmente le foche monache) e con l'aiuto della sirena Partenope, acquistavano tali poteri magici.

L'origine tardo pagana della leggenda è riportata da Benedetto Croce in Storie e leggende napoletane. Era documentata dalla presenza di un bassorilievo di epoca classica, rappresentante Orione, venuto alla luce durante gli scavi per le fondazioni del Sedile di Porto e murato nel settecento. Il bassorilievo rappresenta un uomo coperto da quello che sembra una pelle con un coltello in mano, l'arma usata per fuoriuscire dal ventre del pesce trasportatore.

Nel 1936 Raffaele Viviani vi dedicò una poesia.

Raffaele La Capria scrisse un racconto lungo intitolato "Colapesce" dedicato alla figlia Alexandra. Il racconto fu pubblicato da Mondadori nel 1974, in un'edizione per ragazzi illustrata da Fulvio Bianconi; fu pubblicato nuovamente da Colonnese nel 1998 e da Drago nel 2008.

La leggenda siciliana
Colapisci

Nella sua versione più conosciuta, quella palermitana, si narra di un certo Nicola (Cola di Messina), figlio di un pescatore, soprannominato Colapesce per la sua abilità nel muoversi in acqua; di ritorno dalle sue numerose immersioni in mare si soffermava a raccontare le meraviglie viste e, talvolta, a riportare tesori.

La sua fama arrivò al re di Sicilia ed imperatore Federico II di Svevia che decise di metterlo alla prova: il re e la sua corte si recarono pertanto al largo a bordo di un'imbarcazione e buttarono in acqua una coppa che venne subito recuperata da Colapesce. Il re gettò allora la sua corona in un luogo più profondo e Colapesce riuscì nuovamente nell'impresa. La terza volta il re mise alla prova Cola gettando un anello in un posto ancora più profondo ed in quell'occasione Colaspesce non riemerse più.

La leggenda è stata trascritta e rielaborata da Italo Calvino.

Secondo la leggenda più diffusa, scendendo ancora più in profondità Colapesce vide che la Sicilia posava su 3 colonne delle quali una piena di vistose crepe e segnata dal tempo, secondo un'altra versione essa era consumata dal fuoco dell'Etna, ma in entrambe le storie decise di restare sott'acqua, sorreggendo la colonna per evitare che l'isola sprofondasse. Ancora oggi si troverebbe quindi a reggere l'isola.

Una versione catanese della leggenda vuole che il sovrano, interessato alla conoscenza del mondo e delle curiosità fenomeniche, chiedesse a Colapesce di andare a vedere cosa vi fosse al di sotto dell'Etna e farne testimonianza. Colapesce scese e raccontò di aver visto che sotto l'Isola vi fosse il fuoco e che esso alimentava il gigantesco vulcano. Federico ne chiese una prova tangibile, così il giovane disse che avrebbe fatto giungere al suo re la prova che desiderava, ma che sarebbe morto nel fargliela pervenire. Colapesce si tuffò con un pezzo di legno per non fare più ritorno, mentre il legno - che notoriamente galleggia - tornò in superficie bruciato.




L'uomo "navigatore"

E' nel percorso a ritroso dell'evoluzione che, immancabilmente, l'umanità si scontra con le sue origini e si affanna a ritrovare le trame della vita nel mare. Dei, eroi, pescatori, avventurieri, commercianti e trafficanti, corsari e ammiragli, traghettatori e marinai di ogni specie hanno abitato o solcato, da sempre, il mare.

Anche il desiderio di penetrare negli abissi è antico e, fin quando l'uomo non è stato tecnologicamente in grado di farlo, l'occupazione di questo spazio è stato a vantaggio di divinità, sirene, tritoni, ecc., che quasi sempre hanno assunto un aspetto parziale di pesce.
Molto prima del Capitano Nemo e dei suoi fortunati discendenti tecnologici, fra gli uomini che tentarono di affrontare l'ignoto delle profondità del mare, perché in esse speravano di trovare i pensieri più profondi, ve ne furono alcuni che avevano raggiunto una tale acquaticità da rendersi simili a pesci.

Colapesce, "navigatore" disposto ad affrontare flutti e naufragi in ogni ambito della vita, è sicuramente il più attuale di questi avventurosi.

Egli sfida, un po' per scelta e un po' per causa di forza maggiore, l'incognito delle profondità marine.
Ma nel farlo, al contrario di molti eroi, struttura la sua sopravvivenza per l'eternità trasformandosi in abitatore del mare, integrandosi nell'habitat, grazie alle sue incredibili doti natatorie e alcune "mutazioni", e donandosi integralmente agli altri.

La leggenda di Colapesce diventa, così, la metafora dell'uomo che vuole ritrovare sé stesso nei valori più antichi del sacrificio e che si avventura nel blu alla ricerca della propria essenza a costo di perdersi, ma senza rinunciare alla vita..

In questo viaggio, 'Cola non parte solo, ma si accompagna con il conforto delle tradizioni e dei racconti della sua gente, la quale interpreta il suo mancato ritorno come un naturale "riconoscimento" del suo destino di diventare pesce.

Oltre lui, milioni di altri Colapesce hanno lasciato e lasciano la propria terra, per andare incontro a nuova vita.

Portano via con loro semplici ricordi e, forse come lui, tutti i 'Cola di questa terra vengono costretti a diventare pesci per cercare nel grande mare dell'umanità i sensi di una vita incerta e, soprattutto, per indagare su tutto ciò che lascia affascinati o incantati e che, immancabilmente si trova solo nell'altra metà del mondo.


Al "navigatore" non resta che alzare le vele e affidarsi agli umori del vento dell'anima, sperando di trovare labili rotte per affrontare questo viaggio senza ritorno...

Le leggende di Colapesce

Esistono, fra orali e scritte, molte versioni antiche della leggenda di Colapesce.

Secondo la tradizione, Colapesce è un uomo che, per la sue predisposizioni subacquee dovute a particolari mutazioni (tutti i testimoni citano le dita palmate, alcuni la dotazione di branchie e di una pelle squamosa), è in grado di vivere nel fondo del mare come se fosse un pesce. Già dalle prime informazioni che si hanno su di lui, risulta che sia mezzo uomo e mezzo pesce e nel tempo che viveva a Messina, presso Capo Peloro, sfruttasse le sue capacità per disincagliare le reti dei pescatori, recuperare attrezzi di mestiere, passare da una sponda all'altra dello Stretto portando messaggi.

Molte versioni della leggenda raccontano che la nomea di Colapesce fosse giunta fino all'imperatore Federico II (ma alcuni considerazioni storiche farebbero pensare a Ruggero II), che in un viaggio a Messina (primavera 1221) volle conoscerlo o per mettere alla prova il pescatore con una gara, con in palio il matrimonio con la propria figlia o per saggiare la sua bravura o per soddisfare la curiosità di conoscere l'ignoto delle profondità. Così, Cola venne invitato a recuperare o gli anelli gettati in mezzo allo Stretto dalla figlia dell'imperatore o una tazza d'oro buttata giù dall'Imperatore a profondità sempre più impegnative.

In tutte le versioni della leggenda, comunque, Colapesce pone fine alle sue immersioni da uomo, non riemergendo più. Di conseguenza, si aprono su questa fine svariate ipotesi: la più affascinante è quella che vuole Colapesce vivo e impegnato a sorreggere una colonna rotta, delle tre su cui appoggia la Sicilia, al fine di impedire l'inabissamento della città di Messina.

Edited by Valene - 13/8/2017, 17:24
 
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