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Villa Simonetta (Milano)

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view post Posted on 11/10/2009, 19:09
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Villa Simonetta
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Stato Italia
Località Milano
Indirizzo via Stilicone 36
Condizioni In uso
Costruzione XV secolo
Stile Rinascimentale
Uso Civica scuola di musica Claudio Abbado
Realizzazione
Architetto Domenico Giunti


Credits: Google, wikipedia.it

Villa Simonetta è una villa rinascimentale situata a Milano in via Stilicone 36, edificata alla fine del XV secolo e poi più volte ampliata e ristrutturata. Oggi la villa è di proprietà comunale ed è sede della Civica Scuola di Musica "Claudio Abbado".

Storia

Il nucleo principale della villa, a pianta rettangolare, fu edificato fra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI per volere di Gualtiero Bascapè, cancelliere di Ludovico il Moro, che aveva acquistato il terreno (allora fondo agricolo in aperta campagna) dall'Ospedale Maggiore[1].
Bescapé visse nella villa, allora denominata "La Gualtiera", solo per due anni, prima di morire.
Dopo la sua morte la villa passò di mano, appartenendo fra l'altro alla famiglia Rabia; negli stessi decenni sono documentati (per esempio nel 1531) lavori di ampliamento e ristrutturazione.

Nel 1544 la proprietà fu venduta a Gian Paolo Cicogna, e in seguito acquisita dal governatore di Milano Ferrante I Gonzaga.[2]

Nel 1547 Gonzaga affidò all'architetto pratese Domenico Giuntalodi il compito di ristrutturare la villa e di ampliarla, trasformandola in una lussuosa residenza di rappresentanza.
Fu Giunti a introdurre le ali laterali (e quindi l'attuale pianta a U) e il portico in facciata.
Nel 1555, quando Gonzaga venne richiamato in Spagna, la villa passò alla famiglia Simonetta, diventando uno degli edifici più prestigiosi della Milano di epoca barocca.
Seguirono altri passaggi di proprietà, che fra il XVII e il XIX secolo portarono Villa Simonetta nelle mani di diverse famiglie, fra cui i Castelbarco, i Clerici e gli Osculati.

L'aspetto di Villa Simonetta nel XVIII secolo è documentato dal trattato Ville di delizia o sieno palagi camparecci nello stato di Milano del 1726, in cui si legge:

«In distanza di quasi due miglia dalla città di Milano verso tramontana vedesi la celebre villa detta la Simonetta, per essere posseduta dalla nobilissima Casa Simonetta. Questa è di struttura antica mentre fu fabbricata verso la metà del decimo sesto secolo, e di quei tempi portava il vanto d'essere delle più famose d'Italia. Al presente ancora è riguardevol palazzo, e molto rinomato per tutta l'Europa, a cagione del suo prodigioso eco, il quale rispondendo replica la stessa voce sino a trenta e più volte. L'effetto però non siegue se no da un sito determinato, cioè da una finestra del terzo piano situata nel mezzo del fianco di ponente verso la parte interiore del cortile»
(Marc'Antonio Dal Re, Ville di delizia o sieno palagi camparecci nello stato di Milano, 1726)


Sempre nel testo di Dal Re si trovano incisioni che mostrano l'aspetto della villa, ma che sono oggi giudicate in parte non attendibili: mostrano, per esempio, ulteriori loggiati la cui esistenza è stata messa seriamente in dubbio dalle opere di restauro avvenute negli anni sessanta.

Agli inizi del XIX secolo la villa appartenne alla "Compagnia della teppa", un gruppo di giovani nobili dediti a goliardia e libertinaggio, e acquisisce il nomignolo di villa dei balabiott (dal milanese, la "villa di quelli che ballano nudi").

Nel 1836 diventò un ospedale per malati di colera; questo diede inizio alla sua decadenza, accelerata alla fine del secolo dalla costruzione della ferrovia in prossimità del giardino.

I successivi cambiamenti della destinazione d'uso testimoniano che l'abitazione non era più considerata "luogo di delizie": venne infatti adibita a fabbrica di candele, officina meccanica, casa operaia, caserma, falegnameria e osteria[3].

Durante la Seconda guerra mondiale, a causa della vicinanza degli scali ferroviari, la villa subì un pesante bombardamento, che ne distrusse la facciata.
Il restauro alla forma originale è stato iniziato nel 1959 dal comune, e proseguito negli anni sessanta.
Nello stesso periodo è stata messa in atto una bonifica della zona.

Descrizione

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Al corpo principale della villa, rettangolare come accennato, furono aggiunte già nel XVI secolo due ali laterali porticate che conferirono alla villa l'attuale pianta a U.
Sempre del XVI secolo, ma successivo alle ali, è il loggiato colonnato applicato alla facciata.

La pianta a U si apre in direzione del giardino.
La facciata di stile classicheggiante, comprende un portico a nove arcate, con volta a botte, sorretto da pilastri adornati da semicolonne in stile toscano e poggianti su basamenti quadrati.
Il portico è sovrastato da due ordini di logge con balaustre, l'uno con colonne toscane e l'altra con colonne con capitelli corinzi[1].

Il lato orientato verso il giardino, opposto alla facciata, è più semplice; alle due estremità, all'ultimo piano, le pareti esterne si aprono in due loggiati simmetrici.

Tutta la villa era originariamente affrescata con dipinti raffiguranti le imprese dei Gonzaga, di cui si conservano solo alcuni frammenti.

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Villa Simonetta in un'incisione tedesca del XVII secolo

Le Leggende...

Un governatore illuminato nella Milano cinquecentesca di Carlo V, una nobildonna che faceva strangolare i suoi giovani amanti, una banda che trasformava le feste in festini lussuriosi.

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Aneddoti e leggende legate a Villa Simonetta, oggi sede dell' Accademia Internazionale di Musica, frequentata dai milanesi durante i concerti estivi ma la cui storia è poco conosciuta.
Vanta un passato a dir poco rocambolesco.

Costruita alla fine del XV secolo dal cancelliere di Ludovico il Moro, Gualtiero da Bascapé, dopo Ferrante Gonzaga venne ereditata dalla famiglia Simonetta diventando luogo di feste e, secondo la leggenda, di omicidi.

Si racconta che la nobildonna Clelia Simonetta si divertisse a far strangolare i propri amanti dopo notti d' amore e passione.
Si dice usasse i loro corpi per condurre esperimenti alchemici sullo stile di "Frankenstein".
Poi il lento degrado: nel 1820 venne ribattezzata "Villa dei balabiott", perché Baron Bontemp, capo della celebre "Compagnia della Teppa", ne aveva fatto il principale teatro dei gozzovigli della banda.

Una "teppa" che Francesco Angiolini nel suo Vocabolario Milanese-Italiano del 1897 definisce: "Una compagnia di giovinastri, prepotenti e crudeli che fanno il male per amore del male e per smania di sbevazzare".
Quasi tutti di ottima famiglia si riunivano nelle gallerie sotto il Castello Sforzesco - umide e piene di muschio, detto in lombardo "tèpa" (da qui il termine teppa).
I loro scherzi, però, degeneravano sempre in violenza tanto da essere descritti dallo scrittore Giuseppe Rovani come dei "teppisti" nel suo celebre romanzo Cento anni.
Proprio a Villa Simonetta la "teppa" dava feste che finivano regolarmente in orge da "balabiott" (che significa letteralmente "ballar nudi" e in senso figurato "essere matti").
Ma dopo un anno una serata mise fine ai loro piaceri.
Quelli della "teppa" avevano invitato molte fanciulle di buona famiglia, in cerca di un buon partito: se non che al posto degli scapoli ricchi e di classe che avevano promesso, i "balabiott" avevano fatto venire nani, gobbi e deformi, reclutati tra le zone più malfamate, convincendoli che le ragazze fossero "abili professioniste".
Non finì molto bene: a sediate e coltellate.
Tanto che sessanta componenti della Compagnia della Teppa vennero arrestati: i raccomandati mandati in esilio, gli altri obbligati ad arruolarsi nell' esercito asburgico.

Nel 1836 Villa Simonetta venne convertita in asilo per i colerosi e in seguito subì varie trasformazioni: fabbrica di candele, officina meccanica, osteria, falegnameria e caserma.

La villa ha goduto di molta celebrità anche grazie alla sua acustica: sotto il colonnato del pianterreno, si dice che un' eco incredibile fosse capace di ripetere fino a trenta volte la parola "amore".

La leggenda popolare vuole che il prodigio fosse prodotto dai lamenti delle vittime della nobildonna Clelia e ancora oggi tra gli studenti dell' Accademia di Musica si vocifera che nella sala 18 si aggiri un fantasma.

Lo stesso Stendhal, giunto in villa durante il suo soggiorno a Milano nel 1816, testimoniò di aver sentito risuonare cinquanta volte un colpo partito dalla propria pistola.
Ma il bombardamento del 1943 distrusse la villa, poi restaurata, e con essa anche l' eco di questa villa dei misteri.


La Gualtera, così si chiamava anticamente quella villa, di via Principe Eugenio fu edificata nel XV secolo da Gualtiero Bescapè, cancelliere di Ludovico il Moro.
Nonostante i tanti rimaneggiamenti, uno dei quali ad opera del governatore spagnolo Ferrante Gonzaga, che la riportò ad uno splendore di grazia rinascimentale, durato per cinque secoli, almeno fino al bombardamento del 1943 che la danneggiò in maniera seria.


Successivamente la villa fu ceduta ai Castelbarco, famiglia milanese d’origine trentina, e quindi ai Clerici, famiglia patrizia milanese.

Ultimi illustri proprietari furono gli Osculati, poi per l’edificio iniziò una fase di lento ma costante degrado protrattosi fino all’insediamento della Civica Scuola di Musica del Comune di Milano.


Un antica storiella milanese diceva di urlare: “Ma come se fa a avegh inscì tanta bella ròbba?” (“ma come si fa ad avere così tante belle cose”), e l’eco rispondeva: “Ròbba, ròbba, ròbba… (ruba, ruba, ruba)”.

Oggi, dopo la ricostruzione del 1962, questa caratteristica è andata perduta ma nonostante tutto suoni e musica rimbombano ancora tra i suoi antichi corridoi visto che è diventata sede della Civica Scuola di Musica.

Oggi, della grazia e delle decorazioni del Cinquecento rimane ben poco. Il bombardamento del 1943 ha spento definitivamente la magia dell’eco sotto il colonnato del piano terra, infatti, un’eco superba era capace di ripetere fino a trenta volte la parola “amore” verso la campagna.
L’ eco ora non c’è più, ma almeno ora c’è musica.
Si possono invece ancora ammirare i colonnati che sono opera dell’architetto Domenico Giuntallodi di Prato.


Note
Silvio Leydi, Rossana Sacchi, Il Cinquecento, p. 50, op.cit.
^ Quartieri di Milano: ecco tutti gli acronimi dei più famosi, su Immobiliare.it, 14 agosto 2023.
^ Robert Ribaudo, scheda architettonica del SIRBeC – Sistema Informativo dei Beni Culturali della Regione Lombardia, op.cit.

Bibliografia
Guida d'Italia, Milano, Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2005.
M.C. Passoni, J. Stoppa, Il tardogotico e il rinascimento, in "Itinerari di Milano e provincia", Provincia di Milano, MIlano, 2000
Silvio Leydi, Rossana Sacchi, Il Cinquecento, in "Itinerari di Milano e provincia", Provincia di Milano, MIlano, 2000.
scheda architettonica del SIRBeC - Sistema Informativo dei Beni Culturali della Regione Lombardia, Milano, 2011.


Edited by Valene - 29/1/2024, 17:44
 
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